SARULE. Il religioso barbaricino che divenne vice direttore di Famiglia Cristiana e direttore generale dei periodici San Paolo

A Sarule gli verrà intitolata una piazza: la cerimonia sabato prossimo

Salvatore Murgia
20/09/2016
Attualità
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Sabato prossimo alle 18, l’Amministrazione comunale di Sarule, nel corso di una pubblica cerimonia, intitolerà una piazza al concittadino don Giuseppe Soro sacerdote della Società San Paolo. Riportiamo un breve profilo biografico in ricordo del religioso sarulese.

Il 17 novembre 2009 moriva improvvisamente a Milano per un attacco cardiaco don Giuseppe Soro. Nato a Sarule il 18 marzo 1946, all’età di tredici anni fu accolto nel seminario romano della Società San Paolo. Di carattere schietto e generoso, della sua numerosa famiglia d’origine conservava «i tratti di una fede semplice e operosa» e dalla terra sarda ereditò «lo spirito di intraprendenza e quel pizzico di testardaggine» che -  secondo don Alberione - è necessario per «compiere la volontà di Dio, sempre, nonostante qualsiasi difficoltà».

Il giorno della prima professione religiosa assunse il nome di Aurelio. Trascorse i primi anni di comunità nelle sedi di Alba e Roma (1967-1976) impegnato nell’attività tipografica e, successivamente, nella redazione di Vita Pastorale, il suo primo apprendistato nel giornalismo paolino. Il 6 agosto 1977 ricevette a Sarule l’ordinazione sacerdotale dalle mani di mons. Giovanni Melis.

Per oltre vent’anni continuò l’attività di redattore in Vita Pastorale, di cui assunse anche la direzione dal 1975 al 1999. Viste sue ottime doti organizzative gli fu affidata la segreteria dei Convegni nazionali della comunicazione sociale, organizzati dalla rivista e divenne superiore della comunità di Alba periodici (1989-1996). Fu membro del Consiglio presbiterale e della Commissione centrale per il Sinodo della diocesi di Alba.

Nell’aprile del 1997, chiamato a dirigere la Gazzetta d’Alba, si disse preoccupato «di non illudere nessuno, unitamente alla speranza di non deludere». Legittima preoccupazione, trattandosi di uno dei primi giornali cattolici del Piemonte, fondato nel lontano 1882.

Nell’annunciare il futuro incarico di vicedirettore di Famiglia Cristiana, prima della partenza per Milano nel dicembre 1999, si congedò con queste parole: «Ho svolto con amore e passione il mio ministero sacerdotale e apostolico come Paolino nella "parrocchia di carta", secondo il carisma e l’insegnamento di don Giacomo Alberione».

Nel gennaio 2007 fu nominato direttore generale dei Periodici San Paolo, che comprendeva alcune fra le più importanti testate cattoliche, come Famiglia Cristiana, Jesus, il Giornalino, GBaby, Vita Pastorale, Club3-Vivere in armonia, La Domenica, Famiglia Oggi e la Gazzetta d’Alba.

Nel settembre 2009 don Soro giunse appositamente da Milano per non mancare ai funerali del “suo” vescovo mons. Melis, celebrati nella cattedrale di Nuoro. Poco più di due mesi dopo, inaspettatamente, erano i confratelli e i suoi colleghi di lavoro milanesi a rendergli l’ultimo saluto nella chiesa di san Pietro in Sala. Il suo amico di una vita don Roberto Di Diodato ebbe parole toccanti: «Caro Beppe, tu di Eucaristia te ne intendevi. Ti sei fatto pane da mangiare e vino rosso di allegria, amicizia condivisa e mai ritirata, dono prezioso per i tuoi fratelli, calore di focolare domestico per chiunque ha bussato alla tua porta. 63 anni vissuti pericolosamente dicendo sempre di sì, accogliendo tutti, accettando tutte le responsabilità, facendoti beffe della fatica. 63 anni a cuore aperto. Non poteva filare tutto liscio. Perché la disponibilità e l’amicizia tu le hai vissute come l’articolo più antico e severo del codice barbaricino che andava rispettato a tutti i costi. Scontri e diverbi – e ce ne sono stati tanti – non hanno incrinato il tuo percorso. E un po’ per volta tutto questo ti ha mangiato il cuore».

Sabato 21 novembre fu celebrata a Sarule la messa esequiale. In quella triste giornata il cielo era di un azzurro brillante, il sole fastidiosamente accecante, nelle campagne dominava il verde dei prati seminati a pascolo, qua e là interrotto dalle foglie color ocra degli alberi e dal rossiccio delle viti.

Mi vennero allora in mente i tratti essenziali della personalità di don Giuseppe, così come l’avevo conosciuto. La semplicità dei modi, la modestia e la totale assenza di retorica. Mai un’allusione o vanteria che potessero indirizzare verso i compiti di crescente responsabilità, cui fu chiamato negli anni; una grande capacità di ascolto verso l’interlocutore; la prudenza e il rispetto nel parlare e negli scritti: non ho mai udito (o letto) da lui un giudizio avventato o poco rispettoso verso chicchessia.

Quel pomeriggio la chiesa parrocchiale di Sarule era gremita. È la chiesa che riporta sull’intonaco degli archi i motivi del tappeto locale: la chiave, la clessidra e la rosa. Il trittico di Delitala raffigurante san Michele librato in volo, affiancato da sant’Ignazio da Laconi e santa Lucia, sovrasta l’altare dove don Giuseppe amava celebrare nei brevi periodi di vacanza. Legatissimo al suo paese, non gli sembrava vero di dare una mano in parrocchia. Più di una volta - d’estate e nel periodo natalizio - ci siamo dati appuntamento per la messa domenicale, cui seguiva la chiacchierata in sagrestia, lasciata a disposizione dalla discreta ospitalità di don Giovanni Battista Mulas. I due sacerdoti erano molto amici, così affiatati da intraprendere insieme diversi viaggi: «Ciao Giuseppe, amico amabile fratello nel sacerdozio. Paolino doc, figlio devoto del beato Alberione, apostolo del Vangelo. Avevi tanti amici, perché a chi ti incontrava tu aprivi le porte del tuo cuore, e lo comprendevi al volo: quindi facilmente diventava tuo amico, perché eri uomo e insieme sacerdote, univi sempre queste due grandi qualità… E poi nel nostro viaggio in Perù mi hai insegnato tanto, mi hai fatto capire che bisogna diventare poveri, distaccati dalle cose terrene».

Nell’omelia il vescovo, nel  sottolineare la militanza di don Giuseppe nel giornalismo, citò a memoria uno suo scritto, che risuona come un autentico “manifesto programmatico”: «Desidero parlare di tutto cristianamente, sempre nell’ottica cristiana, con la massima obiettività e onestà possibili. Desidero raccontare tutto quello che accade di grande e di piccolo nella vita quotidiana, per dare voce sia a chi ricopre ruoli pubblici nella società, sia anche al modesto cittadino, per stimolare tutti al dialogo e costruire una società migliore».

Da quella sera di sabato 21 novembre 2009 don Giuseppe Soro riposa ai piedi del monte Gonare, dove veglia la bianca Madonna col Bambino, a cui avrà pensato chissà quante volte negli anni vissuti lontano dai luoghi della sua infanzia.

Per l'immagine all'interno del testo - Famiglia Cristiana, riunione di redazione. Don Soro (primo a destra) don Sciortino (al centro). (foto stpauls.it). 

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