Prezzo del latte: il fallimento della politica

Nota del presidente de La Base Efisio Arbau

a cura della redazione
06/09/2017
Attualità
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“Pensavo al fatto che la norma per svuotare i depositi dal pecorino e dell'obbligo della contrattazione collettiva proposta dalla Base non è stata impugnata dal governo. Questo nonostante i tanti profeti di sventura. Forse per questo l'hanno abrogata e soprattutto non l'hanno messa in pratica. Su queste cose si decide con chi fare coalizione la prossima volta”.

A dirlo è Efisio Arbau, presidente del movimento La Base che in una nota ricostruisce la vertenza sul prezzo del latte e gli strumenti messi in atto dalla Regione.

“La crisi del prezzo del latte ovino è noto che sia scaturita da un sovrapproduzione di Pecorino romano causata dalla stoltezza di un sistema industriale che è andata dietro al prezzo al rialzo del formaggio dop. Per questo dal mese di agosto 2016 abbiamo chiesto (inutilmente) alla Regione di attuare un misura semplice e di medio-lungo periodo: svuotare i magazzini per azioni sociali e promozionali. Poi, dopo la grande manifestazione di Coldiretti di febbraio 2017, il Consiglio regionale ha adottato la nostra proposta, applicando, si badi bene, una parte del cosiddetto pacchetto latte di derivazione comunitaria”.

“In cosa consiste il pacchetto latte? Semplicemente – spiega Arbau - mette in campo una serie di misure per garantire l’intera filiera, in particolare quella più debole dei produttori. Tipo la contrattazione collettiva, con un prezzo stabilito pubblicamente e con i pastori rappresentati dalle rispettive associazioni e quindi capaci di contare qualcosa, almeno numericamente; e l’obbligo di stipulare contratti scritti, posto che tutt’ora siamo al privilegio baronale non scritto di a quanto me lo paghi?”.

“Una volta approvata, la norma è rimasta lettera morta – ricorda -. Gli industriali non erano d’accordo a condizionare il ritiro del formaggio alla previsione, scritta, di un prezzo minimo e la Giunta regionale è debolissima, quasi impalpabile. Ma talmente la norma era pericolosa che record nei record è stata abrogata nel giro di tre mesi.

E’ utile precisare che se attuata per tempo il prezzo del latte sarebbe aumentato immediatamente e per le aziende ci sarebbero state ricadute (soldi nelle fatture del latte e quindi nei conti. Insomma sarebbero stati già incassati) di almeno venti volte superiori all’elemosina che arriverà, quando arriverà. Ma è anche necessario dire che la misura non è stata attuata perché la politica non esiste e perché i burocrati in malafede non volevano lavorare: il formaggio acquistato sarebbe servito non solo per gli indigenti, come ha voluto una Regione di burocrati che vede le sue leggi impugnate un giorno si e l’altro pure e che quindi ha paura della sua ombra, ma anche per le mense scolastiche, sanitarie e per la promozione nel sistema delle promozione turistica diffusa. Ma era oggettivamente troppo lavoro e richiedeva responsabilità, meglio dare l’elemosina, facendola pesare in tutti i suoi passaggi. Sottosviluppo, insomma”.

“E adesso? – conclude la nota -. Il Consiglio regionale, la Giunta ed i rappresentanti dei pastori hanno deciso che volevano un provvedimento assistenziale ed hanno prodotto accordi, disegni di legge e leggi. Il problema è risolto? No. E non sarà risolto sino a che non saremo sistema: che tratta anche litigando ma poi decide assieme quanto e quale formaggio trasformare, possibilmente con una associazione interprofessionale vera.

Deus e solu Deus cada a pessare, dato che gli uomini non lo fanno”.

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