3000 euro per marchiare "Fiore sardo": la royalty che scatena la polemica

redazione
10/01/2018
Economia
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Non c'è pace per il prodotto principe della Barbagia che si fregia del riconoscimento Dop. Il Fiore Sardo è al centro ancora una volta di polemiche che questa volta sono state scatenate dal Consorzio che ne tutela il marchio. Con una lettera l'ente chiede ai produttori non iscritti il pagamento di 3000 euro biennali più iva per poter utilizzare il marchio che connota la produzione casearia. 

Occorre infatti essere autorizzati dal Consorzio e pagare una royalty, questo a quanto scrivono nella lettera per certificare Fiore Sardo Dop.  In sostanza chi non vuole aderire all'ente di tutela, deve sborsare a cadenza biennale la cifra di tre mila euro. Diversamente ci sarà "l'applicazione di sanzioni" come riportato nella lettera.

Una richiesta che per il gruppo di produttori dell'antico formaggio, iscritti al sistema di controllo Ineq, ma che per libera scelta hanno deciso di non far parte del Consorzio, è stata la molla per scatenare una dura polemica contro il Consorzio, che attualmente è in mano all'industria casearia dei gavoesi Sedda. 

I piccoli produttori, detentori della vera arte di produzione (a latte crudo e direttamente in ovile), sostengono infatti che il prodotto industriale non rispetti le modalità di produzione, discostandosi dalle caratteristiche del pecorino barbaricino. 

Ora l'ultima parola è rimessa agli avvocati che dovranno fornire un parere legale sulla azione intrapresa dal Consorzio. 

E se i pastori vedono in questa richiesta un sopruso da cui difendersi, si schierano dalla loro parte anche gli amministratori comunali. "Siamo a fianco dei produttori - spiegano dall'Unione Comuni Barbagia - perchè si tratta di una tassa iniqua, che danneggia il sistema di produzione locale. La vera tutela di questo prodotto in fondo sono i pastori a farla nei propri ovili, rispettando le modalità di produzione che abbiamo sempre conosciuto. E tassarli con 3000 mila euro non è la strada per invitarli ad aderire al consorzio".

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