ORANI - SARULE. L'omelia di Don Luca Mele alla Messa in onore della Madonna di Gonare

redazione
09/09/2021
Attualità
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Ieri, 8 settembre, si è tenuta la grande festa in onore della Madonna di Gonare. Festa che da secoli accomuna Orani e Sarule nella celebrazione di un rito di pellegrinaggio e devozione che coinvolge tantissimi fedeli da tutta la Sardegna. Quest'anno il predicatore durante le funzioni religiose era don Luca Mele, parroco di San Michele a Ollolai. Di seguito il testo della omelia pronunciata da don Mele durante la Messa del pomeriggio delle 17,30.

Leggere la realtà e interpretare i fatti con lo sguardo dei fanciulli è di grande aiuto per scoprire i misteri che non possono essere rivelati «ai dotti e ai sapienti», prigionieri della presunzione. Oggi, ancora più vero, nella festa liturgica di Maria Bambina, anche se la devozione popolare in questo 8 settembre venera la Madonna con altri titoli, tra cui quello di Nostra Signora di Gonare, che solo confermano l’unicità della Madre di Dio. A proposito di piccoli, ci siamo preparati a questo traguardo con un percorso di nove giorni iniziato all’indomani della festa del Redentore, appuntamento per tutti i sardi, non solo dei nuoresi. Vincenzo Jerace, autore della scultura collocata sulla cima del Monte Ortobene, decise di raffigurare ai piedi del Cristo il volto di una bambina, perché «l’umanità deve farsi piccola ai piedi del Redentore».

Di sicuro, conoscete la celebre frase di Enzo Ferrari, parole che spiegano il successo della sua e omonima casa automobilistica e accenna alla straordinarietà dei piccoli, i quali, nella loro innocenza, sono sempre espressione della verità: «Date a un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un automobile: sicuramente la farà rossa». Prendendo ispirazione dall’ingegnere modenese, azzardo un’altra e nuova provocazione, simile e personalissima: «Date a un bambino un foglio di carta, dei colori e chiedetegli di disegnare un monte: sicuramente lo farà a punta». L’interno dell’isola è per lo più costituito da altipiani. Da qui si possono ammirare particolarmente il già citato Monte Ortobene, il Montalbo, il Monte Tuttavista, il Monte Corrasi, il Monte Bardia, il massiccio del Gennargentu e molti altri… Tutti con una conformazione più o meno imponente, ma sempre dolce, più arrotondata. L’unico ad ergersi in modo caratteristico, capace di distinguersi per la sua geomorfologia, è il Monte Gonare. Spicca in modo slanciato con la sua alta vetta in mezzo a valli che lo isolano e per questo motivo non è mai esistito un Sarulese o un Oranese che non si sia meravigliato del fatto che da un qualsiasi punto della Barbagia non si potesse vedere la loro montagna. E nel circondario non c’è creatura che, dal balcone di casa, o dalle campagne, oppure dall’abitacolo dell’automobile, vedendo questa vetta particolare, non chieda al papà e alla mamma, puntando il ditino, «Questo che monte è?».

Camminando con i giovani sulle orme dei Magi, nella fiaccolata notturna del 6 settembre, insieme abbiamo riflettuto a partire dalla narrazione di San Matteo sulle stelle che ci hanno guidato verso Gesù, tenuto in braccio da Maria. Fra le tante guide, ho rinnovato la mia riconoscenza al Signore per aver incontrato un prete nato e cresciuto alle falde di questa altura. È stato il mio parroco e da piccolo decisi di regalargli «un quadro»: lo definii tale, nella mia ingenuità, anche se si trattava di un semplice disegno, dove Gesù in croce sta sulla vetta appuntita di un monte blu, il patibolo è conficcato proprio sulla cima e sullo sfondo c’è un grande sole. Ho sempre disegnato le montagne come se fossero un triangolo e colorandole con il blu, fino a quando la mia insegnante mi sgridò, sostenendo che le stesse sono marroni o verdi, al limite grigie oppure bianche. Ora ho quasi 39 anni, dopo varie visite oculistiche è stato appurato che soffro solo di una leggera miopia, non sicuramente di daltonismo, e vedo ancora le montagne blu. Porto ancora dietro il trauma di quel rimprovero al punto che se alla radio viene trasmessa la canzone di Tricarico «Buongiorno, buongiorno, io sono Francesco», a me particolarmente cara, nel momento in cui nel brano si cita la maestra, non riesco a non pensare alla mia, restando fortunatamente attento, insieme ai bambini e alle bambine, a non lasciare «annegare la scintilla che brilla in fondo al mare», come fece Gonario II di Torres nel suo naufragio.

Quando consegnai al mio parroco quel disegno realizzato su un foglio a quadretti, strappato dal quaderno di matematica, egli fece una promessa: «Questo lo conserverò fino al giorno in cui diventerai prete». Allora non potevo capire cosa intendesse dire e gli anni mi hanno fatto dimenticare anche quel mio regalo; quell’affermazione risuonava comunque in modo inconscio facendo eco all’invito della Madre di Gesù rivolto agli invitati nelle nozze di Cana: «Quodcumque dixerit vobis, facite»; fino al giorno della mia ordinazione sacerdotale, quando davanti a tutta l’assemblea, dal suo breviario con il quale pregava quotidianamente e quindi sgualcito, colui che adesso è mio confratello mostrò ai presenti quel famoso quadro, raccontando la vicenda che ho appena riportato.

Quest’anno avrebbe dovuto predicare un altro giovane prete, molto intelligente, spiritualmente e teologicamente preparato, che per “obbedienza” (così restiamo in tema con la predicazione di questi giorni) ha dovuto rinunciarci, almeno per ora. Non trovandone altri, in questo frangente caratterizzato dai tanti avvicendamenti dei parroci, don Luigino e don Mario hanno chiesto a me di dare un aiuto. Senza pretese, avendo contezza di non essere certo un biblista, ho semplicemente risposto che ho un debito con Gonare, con quel monte dove, che ci sia caldo o freddo, acqua o neve, vento o nebbia, è sempre bello ritornare. Salire verso quella chiesetta che si vede nel tragitto in macchina, che scompare quando da questo punto dove sto predicando comincia l’ascesa a piedi tra roccas e mattas chi distillan perlas, grassias e donos (come cantiamo nei Gosos) e che riappare giunti in cima quale edificio semplice e solenne, capace di incantare e stupire ancora a distanza di quasi 900 anni. Quelle rocce rese lisce nei decenni non dai piedi, ma dalle lacrime; quei rami che, impigliandosi, non hanno tanto stracciato qualche indumento, hanno strappato anche il cuore.

Di cose se ne sono dette nella novena del 2021: con una media di 15 minuti di predica tenuta due volte al giorno, si contano 4 ore e mezza di parole. Dal 30 agosto ho messo in conto che è assurdo pretendere dai fedeli di ricordare tutto (a parte che «per fare un albero ci vuole un tavolo» e che «la fede è gesuina»: queste uscite non si dimenticheranno mai). Quel che resterà indelebile sono i gemiti inesprimibili, ma veri, dello Spirito, mescolati tra i vari «alcanzàdenos», «preziosìssimu», e «giaghì». È stato sufficiente questo poco, da ascoltare e da accogliere umilmente con i genitori di Gesù, per ritrovare la beatitudine di chi vuole ob-audire con fiducia. E io ne avevo bisogno.

Grazie per avermi accolto, per la stima, per l’amicizia. Grazie a Te, Beata Vergine del Monte Gonare, che dall’alto e immersa nel blu, guardi instancabilmente e compassionevolmente ognuno dei tuoi figli.

Don Luca Mele

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