Non ha avuto bisogno di molto tempo per entrare nelle nostre case e nei nostri cuori. Ha sfoderato le parole più efficaci e più dimenticate: povertà, misericordia, perdono, tenerezza, sostanziate però dal sorriso, dalla semplicità, dalla familiarità. E’ stato chiamato “parroco del mondo”, così vicino e spontaneo da dare confidenza a chi incontra prendendo l’iniziativa dell’abbraccio e del bacio, della battuta e del sorriso, con lo stile di un vecchio e caro amico. Il card. Martini aveva detto che la Chiesa era indietro di 200 anni, Papa Francesco ha impresso all’orologio della storia una velocità incredibile. La sua nomina ha sorpreso favorevolmente non solo i credenti, ma anche gli indifferenti e i non credenti, persino i più coriacei contestatori della Chiesa. Questa Chiesa, specie quella occidentale, stanca e sempre più segnata da vistosi abbandoni e turbata da tanti scandali, ha iniziato a respirare entusiasmo e fiducia, a credere nel proprio futuro. Veramente Papa Francesco è un dono di Dio alla Chiesa e all’umanità. Tutti stiamo iniziando a collezionare episodi luminosi e parole rivoluzionarie, mentre ci prepariamo ad accogliere il suo stile evangelico fatto di radicalità nella fede e di essenzialità nelle scelte. “Dalla fine del mondo” è arrivato a Roma colui che trascinerà l’occidente, “l’ombelico del mondo”, nelle strade abbandonate del Vangelo, dell’audacia di seguire Il Cristo nel costruire il mondo nuovo della civiltà dell’amore.