Chiudere le scuole.

di Natalino Piras (Disegnu de Lorenzo Vacca).

Natalino Piras
04/06/2013
Attualità
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Trovo in agenda: “Chiudere le scuole in certe frazioni è come tagliare i boschi e poi stupirsi delle frane. Senza la scuola per i figli, le famiglie si trasferiscono a valle. La montagna si spopola e si degrada”. È nel libro “Oltre il capitalismo” di Roberto Bosio. È la constatazione dell’irreparabile. Le scuole continuano a chiuderle, tagliati i boschi, del tutto spopolati i villaggi. Non c’è scuola. Non c’è vita. Paesi d’ombre, per riprendere il magnifico romanzo di Dessì dove la condizione del disboscamento segna tanto ritardo storico. Il fatto è che il fenomeno della chiusura delle scuole ha invaso anche la pianura. Tutti si danno da fare.Come quando, su continuate pressioni barbariche, cedono le difese nelle linee di confine. La scuola era l’argine, il tempio, la continuazione della casa. La hanno ridotta a fortezza assediata, un deserto dei tartari dove genitori senza autorevolezza tra le mura domestiche fanno pratica di arroganza dentro le aule scolastiche. Vogliono che i figli crescano come loro:vuoti.Tolgono potere agli insegnanti.Li combattono. Dove altri estranei all’insegnamento si fanno appaltatori di materie e discipline. Il parascolastico detta legge. Nel mentre che la condizione ottimale perché questo assurdo continui è rendere impotenti i veri operatori scolastici. Dice Braudel: “Per la semplice ragione che la montagna è la montagna”. Ma è dalla montagna, dalla scuola di Barbiana di don Milani che partì la rivoluzione scolastica. In tempo ormai lontano.

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