Legge truffa dall'aspetto un po' "Acerbo"

di Francesco Casula

29/06/2013
Politica
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Nel 1953, De Gasperi per garantire alla DC e ai suoi alleati una maggioranza su una linea centrista, fece approvare in Parlamento una legge che assegnava il 65% dei seggi alla Camera, al partito o al gruppo di partiti apparentati che avessero raggiunto il 50% più 1 dei voti. La Sinistra non solo criticò aspramente la legge, definendola “Legge truffa” ma fece ricorso all’ostruzionismo parlamentare. La nuova legge elettorale votata dal Consiglio regionale, in quanto a “truffa” sopravanza di gran lunga quella di De Gasperi, che al confronto risulta ultrademocratica. Prevede infatti la maggioranza assoluta dei consiglieri regionali (33 su 60) per il Partito o la coalizione che raggiunga il 25% dei suffragi! Ovvero: chi ha il consenso di un quarto dell’elettorato ha diritto al 55% dei seggi! Frugando nella storia mi son ritrovato invece una legge elettorale che rassomiglia molto a quella regionale votata recentemente: è la fascistissima legge del 1923, soprannominata “legge Acerbo” dal nome del proponente. La legge fu studiata per consolidare definitivamente il fascismo decapitando le opposizioni parlamentari. Essa con l’adozione del principio maggioritario assegnava due terzi dei seggi alla Camera alla lista che avesse ottenuto più del 25% dei voti! Guarda caso la stessa percentuale dei voti che curiosamente il Consiglio ha deciso per poter assegnare il premio di maggioranza. Così un Partito o una coalizione con un quarto dei consensi popolari potrà disporre del 55% dei seggi e al rimanente 75% dei consensi verrà assegnato il 45% dei seggi. Una soluzione veramente bizzarra! E il diritto di rappresentanza popolare? Brutalmente negato. Ma c’è di più: con gli sbarramenti stabiliti, per potere accedere all'attribuzione dei seggi occorre che le liste di coalizione possano ottenere almeno il 10% dei voti e un singolo partito il 5%. A chi giova tutto ciò? Per evitare che minoranze “fastidiose” e che gruppi “alternativi” e di opposizione al consociativismo e all’inciucio PD-PDL, possano entrare in Consiglio regionale: ad iniziare dagli Indipendentisti. I partiti minori invece, che si associno, subalterni ai due poli italioti, non hanno problemi: per loro nessun sbarramento. Vi è infine la decisione – peraltro presa dietro il vergognoso voto segreto – di escludere la doppia preferenza. Così l’auspicato ricambio, con l’ingresso nel Consiglio di donne e giovani, è stato ancora una volta vanificato: la casta non molla! Ma stia attenta: potrebbero esserci delle sorprese.

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