Il senso della tradizione letteraria nella figura di Ulisse

di Natalino Piras

13/08/2013
Attualità
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Di tanto in tanto, nei momenti di stanca, quando non ne posso più di libri, mi chiedo come sarebbe un mondo senza letteratura, materia capace di rendere cosa viva un complesso di storie altrimenti inesplicabili. Per letteratura uno intende i propri interessi, il fatto che ci siano una serie di strumenti, di libri scritti da cui attingere per documentarsi, per aumentare la conoscenza, per dare risposta a dubbi e quesiti. Ci sono la letteratura medica, la letteratura astronomica, la letteratura architettonica e via dicendo. Esistono la letteratura scientifica e la letteratura umanistica. Il cammino dell’umanità, il crescere oppure l’involversi delle civiltà è principalmente raccontato dall’incontro, dal mescolamento tra queste due distinzioni. Principalmente il racconto lo fanno i libri, contenitori e tramite. Pensate a Ulisse, che così come lo si racconta da Omero in qua, ma anche prima di Omero, a sola voce, c’è in tutte le culture: se non lui personaggi che gli somigliano, nella Bibbia, nel Gilgamesh, nella cultura azteca e nei Veda. Ulisse, derivazione latina da Odisseo, è la volontà di conoscenza da parte dell’uomo espressa al suo massimo grado. Per questo sarà sempre in viaggio, esperirà fenomeni terrestri, acquatici, extrasensoriali. C’è in lui la memoria di Dedalo e Icaro. Ulisse non è mai storicamente esistito. Eppure risulta indispensabile all’umanesimo e alla scienza, continua ad esistere perché ci sono una e più letterature che lo tramandano.

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