di Francesco Casula
Premessa
Questa mia riflessione sui Pastori e sul Pastoralismo (su pastoriu) muove da un’analisi né neutra né asettica: come se volesse prendere in esame i pastori e la cultura loro connessa, disponendoli come un cadavere da sezionare sopra un freddo tavolo di marmo. Sarà, di contro, sostenuta da un sentimento di forte empatia e simpatia nei loro confronti e tenterò quindi di unire – per utilizzare un apoftegma del filosofo, fisico e matematico francese, Blaise Pascal - “Le ragioni della mente a quelle del cuore. Così da vedere le cose con un solo sguardo”.
Il Movimento Pastori Sardi (MPS)
Organizzati con il MPS, da più tre mesi i pastori sardi sono al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico, costringendo amministratori e regione sarda –in genere in tutt’altre faccende affaccendati- a fare i conti con una mobilitazione e una protesta vasta e ubiquitaria. Infatti, dopo una grande assemblea tenutasi a Giugno, il Movimento dei pastori inizia la strategia dei blocchi degli aereoporti (l’espressione è di Felice Floris, il leader del Movimento) tra cui quello di Olbia, Alghero e Portorotondo. La mobilitazione prosegue con l’occupazione di strade e porti ma soprattutto con 2 grandi manifestazioni di piazza a Cagliari con migliaia e migliaia di partecipanti e ben 42 Assemblee con pastori di tutta la Sardegna. A ben vedere abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione sociologica e persino antropologica: che smentisce i luoghi comuni sui pastori individualisti, restii alla collaborazione, isolati, soli e solitari nelle loro aziende e nei loro ovili. In centinaia, i rappresentanti di Comitati presenti in tutta l’Isola, si riuniscono periodicamente per discutere, concordare e decidere, collettivamente e democraticamente, obiettivi della vertenza, forme di lotta, iniziative. In migliaia scendono in piazza, organizzati ma senza avere dietro le potenti e burocratiche Associazioni storiche del mondo agro-pastorale (Coldiretti, CIA, Confagricoltura, Copagri). Coinvolgendo le proprie famiglie e i sindaci delle loro comunità, per intanto. E poi studenti e lavoratori di altri comparti: tanto che possiamo considerare la lotta dei pastori una vera e propria lotta di popolo e, dunque, non di una sola categoria. Questo, non a caso.
Pastori, civiltà e cultura sarda
Il pastore infatti non è solo una delle una delle tante figure sociali e la pastorizia non è solo un comparto economico: le sue produzioni certo costituiscono ancora il nucleo fondamentale del nostro prodotto interno lordo, ma il mondo pastorale in Sardegna ha prodotto ben altro che latte, formaggi, carne e lana: ha dato luogo al pastoralismo e ai codici e valori che esso sottende e che in buona sostanza costituiscono il nerbo della civiltà e dell’intera cultura sarda. Per intanto però occorre sottolineare che la pastorizia, come comparto economico, nonostante crisi e difficoltà, nella storia ha sempre retto e i pastori, ancora oggi, non sono una sorta di tribù sopravvissuta alla storia (Ignazio Delogu). Nonostante i reiterati tentativi storici di interrarli, liquidandoli insieme alla loro cultura etnica resistenziale.