Momenti tristi tra scienza, informazione e conflitti d'interesse.

di Vincenzo Migaleddu

22/11/2013
Attualità
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Nel mondo scientifico “ business bias ” indica l’interferenza  sui risultati di un ricerca  legata ad un conflitto di interessi che lega un ricercatore ad una industria o ad un centro di  potere. Le riviste serie, oltre alla richiesta di una dichiarazione di assenza di confitti di interesse, affidano a dei revisori sconosciuti il giudizio su una ricerca allo scopo di verificare la bontà del metodo, l’attendibilità dei risultai e ovviamente l’assenza di conflitti.

Nel mondo del giornalismo oggi il problema “business bias” è di difficile soluzione; il legame che lega il giornalista  ad una industria o ad un centro di potere (non sempre solo di tipo editoriale) vede spesso chi scrive in una posizione di subalternità manifesta;  non basta più solo l’onestà intellettuale per assicurare una libera informazione.

Mi informano che un quotidiano locale mi attribuisce la divulgazione di dati  derivati da uno studio (SOMO) commissionato da Greenpeace sulle morti premature da combustione di carbone. Invero, ho evitato accuratamente, nella mia relazione orale tenuta ad Ottana e in particolare  nella relazione scritta consegnata al comune, ogni riferimenti a quello studio.

Nella letteratura scientifica e nelle linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità esistono dati più che consolidati sui danni alla salute arrecati dalle combustioni dei fossili ed in particolare del carbone su cui basarsi. La relazione scritta da me prodotta, invece, esamina le criticità procedurali, progettuali, ambientali, sanitarie ed anche occupazionali  dell’introduzione della combustione del carbone, viste dal punto di vista degli interessi collettivi delle comunità della media valle del Tirso non coincidenti con quelle del padronato e, ahimè, con quella di alcuni sindacalisti nella duplice veste anche di consulenti aziendali.

Ritorniamo al giornalismo locale  e al “business bias” per ricordare come il centro di  potere di riferimento non solo editoriale ha un interesse non certo marginale nella produzione energetica da combustione di carbone, per esempio, in Liguria.  La polemica sulla ricerca  SOMO di Greenpeace a opera di un  funzionario del Ministero della Sanità, del resto, ha spazio sulle pagine dei giornali e non in un ambito scientifico accreditato. Quindi perché non riproporla in colonia magari con la complicità di qualche amministratore locale professionista in ambiguità?

E’ triste che ciò avvenga in momento cosi difficile per l’Isola, sconvolta da eventi non certo casuali,  ma ben correlabili ai cambiamenti climatici dovuti all’emissione di gas serra per l’uso ossessivo di combustibili fossili; quando, invece, il senso  solidaristico di comunità dovrebbe farci riflettere  sugli interessi collettivi nella gestione dell’ambiente e del territorio, già fortemente insidiato per assecondare gli interessi di pochi.

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