Il triste presepio

di don Pietro Puggioni

01/12/2013
Attualità
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Anche quest’anno i presepi avranno le belle stradine, le case sicure, i fiumi composti, le luci abbondanti, la gente senza lacrime.

Ma dopo la tragedia che ha messo in ginocchio la nostra Isola è cambiato il nostro sguardo e turbato il nostro cuore. Al muschio del paesaggio si sovrappone l’onda del fango, alle luci il buio sinistro delle case abbandonate, ai ruscelli l’onda crudele e ingovernabile, alle dolci melodie l’urlo prolungato della nostra terra ferita.

Per fortuna due luci non si sono spente: quella della solidarietà che ha coinvolto un numero incrededibile di persone, e quella della capanna.

Tutti siamo stati raggiunti dalla macchina della solidarietà e dalla forza delle immagini della tragedia. “Grazie di tutto, ma non dimenticateci nelle prossime settimane!”, ci implorano i responsabili di Torpè.

La luce della capanna di Betlemme sta ad indicare la direzione del nostro camminare nel buio del mondo, nello smarrimento del cuore, nella ricerca del vero volto dell’amore. I pastori, i dimenticati della storia, ci ricordano che quella luce è per tutti e che nessun deve sentirsi escluso.

Anche il presepio 2013 non è banale e infantile poesia. Su di esso, come 2000 anni fa, aleggia il volto sinistro di Erode, dell’Erode moderno che uccide ancora vittime innocenti.

Erode è il nome della violenza e della politica sporca, del potere che rapina la speranza ai giovani, del profitto che genera povertà, delle guerre che ignorano il dialogo tra i popoli, la cultura che spegne il respiro dell’anima, la peersecuzione dei cristiani.

Andiamo tutti verso la capanna perchè siamo uomini e solo Dio che si è fatto uomo ci insegna ad essere pienamente uomini.

 

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