GAVOI. No alla violenza sulle donne: ritornano le scarpe sulla rotonda per l'8 marzo

Un futuro senza violenze

a cura della redazione
28/02/2014
Attualità
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Modificando il celebre epitaffio di Jean-Baptiste Lacordaire, “nessuno muore sulla terra finchè vive nel cuore di chi resta" è possibile riassumere in due righe il leitmotiv del secondo anno di scarpette rosse sulla rotonda di Gavoi. La frase diventerebbe “nessuno muore sulla terra finchè percorre i passi di chi resta”. E le scarpe rosse (dall’idea di Elina Chauvet) sono la metafora dei passi che tutte le donne uccise non potranno più percorrere. Tra tante donne ammazzate, una su tutte, Dina Dore, la cui uccisione, sei anni  fa, ha gettato il paese nello scompiglio. Di un anno appena l’arresto del marito, con l’accusa più infamante: mandante dell’omicidio della moglie. Un processo ancora in corso, e un paese che lentamente cerca di tornare alla normalità. L’8 marzo, per il secondo anno, Gavoi dice no al femminicidio; dice no alla violenza sulle donne. L’anno scorso, l’iniziativa fu quasi improvvisata all’ultimo momento da un gruppo di donne locali che non voleva rassegnarsi al dolore silenzioso. Fu un successo. Quest’anno oltre al gruppo spontaneo di donne partecipa all’organizzazione anche la Prociv Arci. Il programma è più articolato e prevede il coinvolgimento del gruppo di partecipazione locale del Comune di Orani che il 22 febbraio scorso ha dato vita nel paese di Nivola alla manifestazione “mi prendo e mi porto via” contro la violenza sulle donne, durante la quale è stata riproposta l’installazione artistica delle “zapatos rojos”. A Gavoi curerà la mostra itinerante sulla via Sassari alle 17. Alle 18 invece ci sarà la proiezione del film di Ferzan Ozpetek, “un giorno perfetto”, nella sala consiliare. 


A cominciare dalle 10 e per tutto il giorno sarà possibile sistemare le scarpe rosse nella rotonda in piazza sa Serra. Lo scorso anno il via vai nella rotonda cominciò prestissimo e si protrasse anche nei giorni successivi. Tra le centinaia di scarpette rosse anche quelle della sfortunata Dina.

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