GAVOI. Oggi, 8 marzo, ricorre la giornata internazionale della donna. La data, scrive il sito dell'ONU, corrisponde a quella del 1917, quando le donne di Mosca scesero in piazza – nonostante il parere contrario dei dirigenti politici – per chiedere “pane e pace”. La debole resistenza dell'esercito, ormai fiaccato dalla guerra e dalle proteste, non riuscì a soffocare la manifestazione, il cui successo finì col costringere lo Zar ad abdicare, e il Governo provvisorio a concedere il voto alle donne.
L'8 marzo ricorda, quindi, un momento storico nel quale le donne conquistarono autonomamente un ruolo politico; e dal 1917 a oggi, le conquiste sociali e civili hanno migliorato, in molti Paesi del mondo, la condizione femminile nella società. Ma i dati sul femminicidio – ogni tre giorni, in Italia, una donna viene uccisa da un uomo – fanno capire che c'è ancora moltissimo da fare sul piano culturale oltre che legislativo. Il problema della violenza sulle donne, infatti, non è solo una questione di sicurezza, da affrontare con leggi sempre più severe, ma anche una questione culturale. La nostra società è ancora maschilista e sessista, come dimostra chiaramente l'immagine proposta dai mass media, in particolare nelle pubblicità che propongono, nella stragrande maggioranza dei casi, immagini di donne quasi sempre considerate come oggetti sessuali o relegate nei ruoli tradizionalmente identificati come femminili – casalinga, segretaria, cameriera, infermiera. La cultura violenta si propaga e diffonde anche attraverso la cultura, e nell'ambito culturale deve essere contrastata, proponendo immagini diverse delle donne e del rapporto uomo-donna, senza dimenticare che proprio gli uomini devono porsi per primi il problema delle conseguenze delle loro parole e dei loro comportamenti.
Anche le manifestazioni simboliche, comunque, possono aiutare a mantenere viva l'attenzione sul fenomeno della violenza sulle donne: a questo proposito, si è diffusa ultimamente l'idea di esporre le scarpe rosse. Perché proprio questo simbolo? Perché nel 2012 l'artista messicana Elina Chauvet le utilizzò nella città di El Paso, nel Texas, per ricordare le centinaia di donne uccise a Juarez, in Messico, dai narcotrafficanti. Per questo, le scarpe rosse sono utilizzate ogni 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
A Gavoi oggi si ripete questa iniziativa che l’anno scorso ebbe un eco nazionale anche perché nacque come risposta agli sviluppi della morte di Dina Dore che proprio l’anno scorso portò all’arresto del marito Francesco Rocca accusato di essere il mandante di quell’atroce delitto.
Oltre al gruppo spontaneo di donne quest’anno tra i promotori c’è anche la Prociv Arci e la collaborazione del Gruppo di partecipazione locale di Orani che lo scorso 22 febbraio ha organizzato nel paese di Nivola la manifestazione “Mi prendo e mi porto via”.
Rispetto a qualche giorno fa il programma è stato modificato per problemi logistici. Dunque, scrivono i promotori “quella di oggi sarà una anticipazione di “Un futuro senza violenza”.
Il programma prevede dalla 10 l’allestimento della rotonda in piazza Sa Serra con le scarpette rosse e gli oggetti della mostra “mi prendo e mi porto via”.
“Doneremo ai partecipanti un fiocco bianco – dicono dal comitato - simbolo dell'impegno di tutti gli uomini e le donne che si oppongono a questa violenza. La nostra speranza è una massiccia presenza di uomini che amano le donne nel modo in cui esse vogliono essere amate”.