OLZAI. Appunti per una storia: l’arginamento nel rio Bìsine

La cronaca dell’alluvione del 10 settembre 1921 (2° puntata)

Giangavino Murgia
20/09/2014
Attualità
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OLZAI. Nella prima puntata, è stata pubblicata una sintesi della storia del primo arginamento nel rio Bìsine: dall’anno 1899 fino all’estate del 1921. Un’opera, come riportato nei documenti dell’epoca, «acclamata» per lungo tempo dalla popolazione e dai medici olzaesi per tentare inutilmente di sconfiggere l’antico flagello della malaria.

Una pestilenza che imperversava in tutta l’Isola, non solo nelle lagune del Campidano e nelle paludi della Baronia, ma anche nelle aree rurali e montagne della Barbagia. Soprattutto nel villaggio di Olzai, con 47 casi di malaria registrati nel luglio 1903 e 71 nel successivo mese di agosto; 97 nell’ottobre 1904 e 200 nel settembre 1905.

Nell’ottobre del 1906, fra tutti i comuni della provincia di Sassari, il cosiddetto “paese dei laureati” conquistava così il primato di «maggior numero denunzie di malattie infettive» con 125 casi di malaria, seguito da Ploaghe con 83 e Bonorva con 75.

Molti di più rispetto agli altri paesi del “Circondario di Nuoro” dove si registrarono 36 casi a Orgosolo, 34 a Orune, 32 a Fonni, 28 a Onifai, 25 a Siniscola, 19 a Mamoiada, 12 a Galtellì, Irgoli e Orosei, 10 a Orotelli, 8 a Bolotana, 6 a Gavoi e Lei, 5 a Posada e Sarule, come riportato nei Bollettini pubblicati dal Ministero dell’Interno.

Dicevamo della sintesi di ventidue anni di storia dell’Amministrazione comunale olzaese, a cavallo della prima Guerra Mondiale, per realizzare la prima opera di bonifica e di risanamento dell’abitato, superando enormi ostacoli finanziari, diversi disguidi burocratici e con alcuni errori di progettazione, come la disastrosa decisione di «coprire con un tombino o chiavica» il tratto del rio Bìsine che attraversava l’abitato. Ma, come più volte precisato, si trattava di un’opera d’igiene e non di difesa e salvaguardia del paese dalle calamità naturali.

Poi arriva il 10 settembre 1921, quando l’impresa Andrea Nieddu di Orani stava completando i lavori di costruzione del primo arginamento: «Sulle sponde infide del Bisine, tutto quel lungo e paziente lavoro di molti anni, fu dall’immane nubifragio… in poche ore divelto, travolto, distrutto [dagli Atti parlamentari]».

Una cronaca

«Il pomeriggio del 10 settembre 1921, improvvisamente si scatenò un furioso uragano e il Rio Bìsine si gonfiò paurosamente travolgendo quanto incontrava sul suo corso.

Il terribile nubifragio distrusse il cantiere dell’arginamento e tutte le coltivazioni. Dei mulini idraulici non rimase alcuna traccia e l’humus dell’intera vallata fu asportato sino alla nuda roccia. L’impeto della corrente devastò interi rioni, rase al suolo cinque abitazioni, allagando i magazzini di grano e orzo.

L’acqua penetrò con violenza sino al secondo piano di una casa e ricoprì di fanghiglia la camera da letto. L’alluvione distrusse S’Iscala (l’antica mulattiera Olzai-Ollolai) e trascinò a valle enormi blocchi di granito insieme al ponte della piazza Su Nodu Mannu (Su ponte ‘e Serrone). L’inondazione si elevò fino al cimitero vecchio, abbatté il muro del recinto sacro, numerose croci e lapidi. Le decine di tombe scoperchiate offrirono uno lugubre spettacolo. Benché le operazioni di salvataggio delle persone risultassero alquanto difficili, non ci fu nessuna vittima ma i fulmini fecero strage di animali domestici e di greggi. Per avere un’idea della tempesta basta ricordare che, in due ore, il pluviometro della casa Marchi registrò 25 litri di acqua, cioè molto più di quanto non ne venne giù tutto l’anno che pure era stato abbondante di piogge.

Il giorno dopo arrivarono i primi soccorritori, muniti di una grande tendopoli destinata ad accogliere 120 persone. Non fu necessario montarla perché le numerose famiglie senza tetto erano già ospiti dei loro parenti. Giunsero anche le autorità e trovarono la popolazione già all’opera di ricostruzione delle passerelle sul rio Bìsine.

Il dottor Efisio Mesina costituì un 'comitato di soccorso' e la notizia dell’alluvione rimbalzò sino a Roma. Il nubifragio mise in ginocchio la già poverissima popolazione olzaese e mandò in crisi le finanze del Comune».

(Parte di un testo pubblicato il 20 marzo 1996 dal quotidiano L’Unione Sarda, nella pagina “Un paese si racconta. Olzai”, di Giangavino Murgia, associazione Kérylos).

La testimonianza della giornalista americana Anna Rose Giles

Il 22 marzo 1922, la giornalista americana Anna Rose Giles (1848-1937) – in Sardegna per ricerche e foto da lei eseguite al Retablo del “Maestro di Olzai” nella chiesa di Santa Barbara e per altre indagini storiche – invia una lunga lettera all’ormai anziano e malato professor Pietro Meloni Satta (1840-1922). Nella lettera, si legge:

«… Arrivai a Olzai il giorno prima del nubifragio terribile e fui nella biblioteca di Lei quando scoppiò. Ho dovuto passare la notte all’Asilo. Là nella notte bevvi acqua credendola della fonte e invece fu d’un pozzo e inquinata dal diluvio e fui malata e dopo molto, indebolita per molte settimane.

Rimasi verso un mese ad Olzai studiando e copiando nella biblioteca di Lei, quando ebbi la forza, e ne ho trovato molto di valore per me. Dopo fui ad Oliena ed Ozieri ritornando a casa Ottobre 22 molto malata e sono rimasta malata e debole lungo tempo. Ora sto’ discretamente di salute».

La lettera spedita da Sassari, arrivò a Cagliari il 24 marzo 1922, esattamente il giorno della scomparsa dell’illustre medico olzaese. Si tratta di una eccezionale coincidenza, analoga alla presenza a Olzai, proprio il giorno dell’alluvione, della giornalista americana, che sopravvisse fortunosamente a un’infezione gastroenterica di una certa gravità, dopo aver bevuto l’acqua «inquinata dal diluvio. ….»

(La lettera originale della signora Anna Rose Giles, insieme alla busta di spedizione con timbri postali, è conservata nelle «carte sparse» del Fondo Pietro Meloni Satta, insieme ad altri manoscritti consegnati alla biblioteca di Olzai nel mese di settembre 1955 dal dottor Francesc’Angelo Marchi (1877-1963), genero del professor Pietro Meloni Satta).

 

Nell’alluvione del 1921 non morì nessuno e la presunta “vittima” è deceduta nel 1925

La notizia di una vittima dell’alluvione, diffusa a Olzai recentemente, non trova alcun riscontro documentale. Alla fantasiosa storia – senza alcun nesso con la realtà dei fatti – è stato associato il nome di una bambina: Marianna Carta.

Marianna nacque il 14 gennaio 1916, quando suo padre Pietro Carta era stato già richiamato alle armi per la Guerra 1915-18, cui sacrificò la vita nel luglio 1916. La vedova Battistina Carta (1894-1974), deceduta 40 anni fa, ha sempre raccontato ai figli superstiti, nipoti e altri parenti che la figlia godeva di buona salute. Sennonché, dopo un’escursione al Santuario del Monte Gonare, la piccola Marianna accusò un forte mal di testa dal quale non si riprese. Infatti morì il pomeriggio dell’8 agosto 1925, nella sua casa di via Taloro 8, esattamente all’età di nove anni e sette mesi, come riportato nell’atto di morte.

Un intervallo di tempo troppo lungo – rispetto al settembre del ‘21 – per sopravvivere a un’eventuale infezione, difficilmente curabile per quei tempi, come ad esempio una broncopolmonite, probabilmente contratta dalla bambina durante il viaggio al Santuario di Gonare.

E inoltre, per quale motivo la madre della bambina, vedova di un caduto in Grande Guerra, non avrebbe ottenuto alcun sussidio economico da parte allo Stato, quando invece furono assegnati dei risarcimenti a privati, addirittura per gli orti, le colture agricole e sementi danneggiate dal nubifragio del 1921?

A distanza di quasi un secolo da quel tragico pomeriggio del ‘21, non si trova nessuna traccia di commemorazioni ufficiali di vittime dell’alluvione, né da parte delle autorità civili, né di quelle religiose. E, negli archivi del Comune di Olzai, non esistono annotazioni o richiami a vittime dell’alluvione, così come nel “Libro dei morti” conservato in parrocchia.

Fra le testimonianze orali – sulla causa della morte di Marianna Carta – la più credibile rimane così quella riferita per mezzo secolo dalla madre, Battistina Carta, direttamente ai familiari conviventi: le famiglie Atzori e Columbu, oggi proprietarie di una foto originale di Marianna eseguita intorno ai nove anni di età. Il ritratto di Marianna fu realizzato dallo studio fotografico “S. Guiso” di Nuoro, poco prima della morte – avvenuta appunto nel 1925 – quando la piccola godeva di buona salute, usciva di casa per giocare con i bambini del vicinato e non antecedentemente al 10 settembre 1921, quando aveva cinque anni di età.

 

La testimonianza del signor Agostino Carai, classe 1917, vivente

C’è un’altra testimonianza più che attendibile: quella del signor Agostino Carai, oggi brioso novantasettenne che – intervistato il 21 agosto 2014 – racconta:

«Avevo quasi cinque anni, il giorno dell’alluvione. Ricordo il disastro e lo straripamento delle acque nella piazza “Su Nodu Mannu”. Poi la distruzione delle passerelle nel rio Bìsine, dove il nubifragio aveva trasportato a valle anche tutti gli attrezzi di lavoro dell’impresa che stava realizzando il canale artificiale. Ero a conoscenza di case allagate, di stragi di bestiame e animali domestici. Ma nel paese non ho mai sentito raccontare storie di persone decedute per cause dell’alluvione».

Ha qualche ricordo della bambina Marianna Carta? La risposta è precisa e immediata: «Certamente! Ricordo benissimo questa bambina. Era sicuramente più grande di me, ma giocavo con lei anche negli anni successivi all’alluvione del ‘21. A un certo punto è scomparsa dalla circolazione e, dopo brevissimo tempo, è morta». È sicuro di questa circostanza? Risposta, altrettanto categorica: «Eja, est morta deretu!».

L’emergenza a Olzai: il sindaco implora la solidarietà nazionale

Nove giorni seguenti l’alluvione, il Consiglio comunale prende atto delle dimissioni del sindaco Sebastiano Curreli (1886-1960) «per riprendere il servizio militare nella sua qualità di capitano».

Il 3 ottobre 1921, la Giunta provinciale amministrativa approva la delibera del Consiglio n. 154/1921 con la quale l’Amministrazione comunale aveva accettato il mutuo per la costruzione del primo arginamento nel rio Bìsine.

Il Comune di Olzai si ritrova ora con un debito di 180 mila lire da estinguere alla Cassa Depositi e Prestiti, ma con il cantiere dell’arginamento completamente distrutto dal nubifragio e con lavori inutilmente eseguiti per un valore di 100 mila lire, come risulta da una lettera della Regia Prefettura di Sassari del 15 ottobre 1921.

Il successivo 31 ottobre viene eletto sindaco Pietro Costantino Marcello (1880-1944). Avrà l’ingrato compito di gestire – con le casse comunali vuote e un pesante debito – la prima fase dell’emergenza affrontando i disagi della popolazione colpita dall’uragano. Rimarrà in carica sino all’11 maggio 1926, data del subentro del podestà, il medico Efisio Mesina (1842-1931).

Il sindaco Marcello non perde tempo. Dopo aver appreso dalla stampa che «il progetto di legge recante provvedimenti per ovviare ai danni del nubifragio, non contiene alcuna disposizione in favore dei proprietari danneggiati; e si limita ad assegnare ai contadini che hanno subito dei danni, la quantità di sementi occorrente per la coltivazione dell’annata agraria in corso», il 1° dicembre 1921 convoca il Consiglio comunale per sollecitare l’aiuto dello Stato.

L’assemblea, dopo aver elencato i principali danni creati dal nubifragio chiede al presidente del Consiglio dei ministri che nel «disegno di Legge da presentare alle Camere Legislative sia compresa una disposizione assicurante premi e sussidi ai proprietari danneggiati dal nubifragio». Contemporaneamente, chiede l’aiuto agli «Ill.mi Prefetto della Provincia e sotto Prefetto del Circondario ed i rappresentanti politici dell’Isola perché intervengano a sollecitare l’approvazione del disegno di legge e l’immediata esecuzione dei lavori, ed in special modo per quello del riattamento della strada mulattiera da Olzai ad Ollolai».

Nel frattempo arriva l’inverno. Non migliora la situazione economica dell’Amministrazione comunale e aumentano i disagi per la popolazione. Le casse del comune restano sempre a secco. Non si trova neanche un centesimo per ricostruire la passerella “de su Ponte ‘e Susu” (nell’odierna piazza Sant’Ignazio) per consentire il transito dei «pedoni ed i carri». Al punto che «essendovi state già delle offerte da parte dei buoni volontari del paese, e ciò per non aggravare le finanze del Comune», il 2 febbraio 1922 la Giunta autorizza il sindaco Marcello a «provvedere d’urgenza (stante il cattivo tempo, che rende impossibile il transito da una parte all’altra del paese, anche per l’ingrossamento del Rio Bìsine, in seguito alle continue piogge) alla costruzione in economia della passerella Su Ponte ‘e Susu nel modo che egli crederà più opportuno».

Nella prossima puntata racconteremo le vicende della “Legge per Olzai” a sollievo dei danni derivati dall’alluvione, approvata dal Parlamento nell’estate del 1922 e firmata dal Re Vittorio Emanuele III.

 

Leggi la prima puntata a questo link!

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