“Gli anni della grande truffa”. Il Contratto d’area

Matteo Marteddu
21/10/2014
Attualità
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C’è una parola che di questi tempi incute paura, fa rima con illusione, depressione, sfiducia, futuro: la parola lavoro. Si avverte in maniera plastica, riferendomi all’area della Sardegna interna, che intere generazioni sono investite dalle ombre di un futuro senza orizzonti, si annaspa in un quadro di incertezza, dentro un disastro antropologico che espelle dalla vita produttiva centinaia di ragazzi e ragazzi.

Ed è interessante rimuovere la polvere e andare a riscoprire vecchi arnesi, come cassapanche tarlate, di questi ultimi, non lontani decenni; gratta gratta si scoprono le radici del vuoto attuale e dei fantasmi che ancora si aggirano attorno ai grandi investimenti nella Sardegna centrale.

Per forza si deve tornare alla metà degli anni novanta del secolo scorso, per rintracciare il fondo, per certi versi ancora oscuro e inesplorato, della forsennata corsa a reindustrializzare, a consumare danaro, a creare aspettative e speranze, in definitiva a porre le condizioni per la desertificazione di oggi.

Si inventò la programmazione negoziata, al cui interno si collocava il contratto d’area; filosofia che imponeva lo sviluppo, attraverso la ragnatela di concertazioni e di rapporti tra innumerevoli soggetti, possibilmente creandone dei nuovi ad hoc, che agitavano la vita politica, sindacale e istituzionale di una determinata area geografica. Quale occasione migliore, ghiotta per Ottana, in rapido e irreversibile declino per il progressivo disimpegno dell’ENI!!!!

Ecco i Patti territoriali, gli Accordi di programma, l’insieme delle iniziative finanziate dalla legge 662/97; ecco il contratto d’area e il primo protocollo aggiuntivo del contratto d’area di Ottana: obiettivo, Silicon Valley. Cifre da capogiro: Patto territoriale ’98, 13 aziende, 27 milioni di euro, 215 posti di lavoro a regime; Accordo di programma 2003, 100 milioni di euro; Contratto d’Area ’98 con il primo protocollo aggiuntivo del ’99, 168 milioni di euro, 1362 occupati a regime.

Su quel contratto d’area sottoscritto il 3 aprile del ’98, rimuovendo la polvere, si possono riscontrare elementi, che non raccontano sviluppo,  ma risultano utili agli storici delle cronache delle morti annunciate. Tra le sue righe sottolinea la necessità e l’urgenza della massima accelerazione temporale delle procedure per gli investimenti, si richiama la determinazione e la volontà dell’intero governo dell’epoca, con tutti i ministri coinvolti in questo grande spettacolo di rinascimento sardo. Non possono mancare le associazioni industriali e sindacali, e si “considera – testuale - l’indifferibile urgenza di procedere all’avvio della reindustrializzazione e dello sviluppo dell’area di Ottana con finanziamenti nazionali ed europei”. 

Insomma l’ambizione, non celata, ma solennemente esibita e dichiarata era quello di “predisporre le condizioni per il riavvio di un permanente sviluppo, sostegno al mercato del lavoro, infrastrutture servizi, nuove iniziative imprenditoriali”.

Previsione subito: 178 posti di lavoro investimenti per 38,7 miliardi di lire.

Infrastrutture, ma soprattutto sovrastrutture: Responsabile unico individuato nella persona del presidente della provincia; Ufficio tecnico dedicato; tutti con presunte funzioni di autorizzazione e di controllo. Ottana Sviluppo S.c.p.A., “soggetto intermediario e promotore (sic!) di nuove iniziative imprenditoriali da realizzare nell’area di Ottana, nonché soggetto erogatore di servizi e di assistenza tecnica e di tutoraggio delle imprese”.

Tra le altre firme, quelle sul Protocollo di Legalità: “verifica sulle aziende, in particolare di nuova costituzione, onde evitare eventuali infiltrazioni malavitose”. Non è specificato di che tipo e visto quel che è successo dopo, sembra una fase con tanta dose di ironia.

Tanti i soggetti e le rispettive rappresentanze coinvolte; forse hanno dovuto noleggiare un volo charter per Roma.  27 firme, solo 6 le aziende, il resto apparati di varia natura: ministeri, Regione col presidente Palomba, il prefetto, la Provincia con Pirisi,  due comuni, Ottana e Bolotana, Azienda sanitaria, dai vigili del fuoco all’Enel, dal consorzio industriale alle associazioni delle piccole imprese, ai sindacati, due per ciascuno, nazionale e locale. Poche industrie ma il gotha delle burocrazie. Poca impresa ma molti verbali; come quello del 23 gennaio ’98, infarcito di analisi, con le prestigiosissime firme dei ministeri, Salvatore Ladu (si, lo stesso che oggi presiede la commissione di garanzia regionale del PD!) per l’Industria, la Provincia, Pirisi, Consorzio, Michele Ladu, ENI sud, rappresentanze sindacali ad abundantiam.

Alcuni fantasmi si aggirano ancora su quelle macerie, mentre il bilancio del disastro non tardò a materializzarsi.  A fronte di costi e  spese “pazze” per organismi che avrebbero dovuto controllare, responsabile unico, (quis custodiet custodes?), 2000/2005, 904 mila euro,  si capii e si vide, dopo qualche anno, che, ad esempio, per i 125 milioni di euro spesi, si era scatenata la bulimia di imprese per i finanziamenti pubblici, senza programmi industriali e con la logica del mordi e fuggi. L’andazzo proseguì, si parla e si scrive di anni della grande truffa, con tanti attori e con ruberie di ogni calibro.

Ci sono dei “case study” da manuale: Ildocat; capannone di dimensioni enormi, fabbrica, si fa per dire, di laminati in alluminio, di un imprenditore romano, beneficiaria di finanziamenti pubblici per nove milioni di euro. Ha chiuso e sbarrato i battenti nel 2010, mollando sulla strada 11 dipendenti. E’ nelle mani dei giudici del tribunale di Oristano.

Ci si chiede ancora che fine abbiano fatto i 4 milioni di euro destinati alla “formazione”, con il direttore di Ottana Sviluppo che si lasciava andare nel 2001, ad un improvvido quanto azzardato: “siamo alla vigilia di un cambiamento epocale”.

E si, perché quando ci ha messo mano il Ministro Enrico Letta, e siamo all’alba di questo millennio, 2001, si è capito che un nuovo protocollo aggiuntivo non sarebbe stato negato. Il Ministro, naturalmente, non si tira indietro facendo dire all’allora segretario della CGIL, Vincenzo Floris, che il risultato “è molto positivo, che si premiano i risultati raggiunti, che la prima fase del contratto d’Area fa nascere nuove aspettative di occupazione e sviluppo”. A far cantare il peana del trionfalismo, contribuisce il risultato delle 28 aziende, sulle 29 previste, che hanno ottenuto, come entusiasta sostiene il Dott. D’Ascanio, gestore del pacchetto iniziative, i finanziamenti con le anticipazioni previste dalla legge”. Danari a babbo morto, sembrerebbe. Cantieri aperti e parco progetti importante, a detta del segretario CGIL.  Ottana Sviluppo, incaricata di avviare la procedura, aveva ricevuto schede progetto pari a 600, diconsi seicento, miliardi di lire di investimenti, per una occupazione di circa 1500 unità. Beh, Letta se ne sarà andato convinto di essersi lasciato dietro il paese di Bengodi, non un’area in progressivo sottosviluppo. Qualcuno ciurlava nel manico e il bluff non tarderà ad esplodere.

E così siamo all’oggi. La guardia di finanza ha messo il becco e in maniera approfondita. Numeri da choc: “tutte le venti aziende controllate negli ultimi anni, sono risultate irregolari, per un danno erariale di quasi 100 milioni di euro”. Comandante della guardia di finanza, Alessandro Cavalli. Già il suo predecessore, attorno alla fine del primo decennio del secolo: “su cento milioni di euro controllati dalla guardia di Finanza, 79 sono risultati indebitamente percepiti e revocati”. Cardonsarda, Ecoplast. Storie di fallimenti. Delle 29 aziende finanziate con il cosiddetto primo e ultimo protocollo aggiuntivo, in attività, al 2012, erano 11; tredici quelle revocate e cinque quelle fantasma, non hanno mai messo piede, non hanno mai battuto un chiodo nella Sardegna centrale.

A quella data, ultimo rilevamento, i lavoratori ufficialmente occupati risultano 300. Ma in quel torpedone, anno del Signore 1998, contenente politici locali e nazionali, , sindacati, addetti di ogni specie, i numeri sbandierati erano altri: 29 nuove aziende, 170 milioni di euro di contributi pubblici, 1362 posti di lavoro, ce n’era per tutti, da sommare ai 178 delle sei aziende già in fase di insediamento. Soru, Presidente della Regione, racconta di “prenditori”, resettando il prefisso “im”. Il segretario CISL, Ganga, punta il dito sulle burocrazie che istruiscono i progetti. Chi la dice davvero è il sindaco di Ottana, Gian Paolo Marras, interpretando lo sconcerto delle comunità turlupinate, da Ottana, Orotelli, Bolotana, e tante altre attorno al grande imbroglio. “Ciò che resta - dice Marras - sono i capannoni abbandonati, le case dei custodi fatte senza risparmio, i rifiuti da smaltire, e la lotta per sopravvivere, con l’orizzonte carico di incertezze, inseguendo mobilità e cassa integrazione”. Deriu, da presidente della Provincia, aveva “minacciato” la commissione d’inchiesta. Ha abbaiato alla luna.

Rimangono i titoli di coda. In una mesta riunione del Luglio scorso, il Responsabile Unico del Contratto d’Area, Costantino Tidu, ha incontrato Sindacati e Confindustria per discutere dell’utilizzo dell’ultimo milione e mezzo di euro. Ancora infrastrutture nel sito industriale. In quello che ormai, appunto, è un “sito”, secondo i paradigmi dell’Archeologia, si propongono infrastrutture telematiche, adsl, banda larga, ancora servizi viari, illuminazione, depurazione e, dulcis in fundo, “nuovo e più incisivo ruolo del consorzio industriale”. Funerale di prima classe perché non c’è uno straccio di azienda o di imprenditore che giri lo sguardo verso quella piana.

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