Comunica di più il tubo catodico appollaiato sulla segnaletica verticale che il marketing nell'era 2.0

Michela Columbu
15/12/2014
Territorio
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La mattina va al centro commerciale. E in nome e per conto della modernità si compra il televisore ultrapiatto, magari affermando di conoscere tutti i dettagli tecnologici dell’apparecchio.

La notte, si trasforma nel più bieco degli ignoranti e si fionda ad abbandonare a bordo strada il vecchio scatolone che per tanti anni ha accompagnato le sue serate, e che ora appariva troppo demodè nel suo salotto. Sempre in nome e per conto della modernità.

E’ l’identikit dell’ ”abbandonatore seriale di rifiuti”. Colui che sta contribuendo alla reale campagna di  comunicazione della Sardegna.

Come non notare un televisore che giace appollaiato sopra una segnaletica verticale? O quei sacchetti abbandonati qua e la. Li noterebbe chiunque, anche il più distratto dei turisti. Quelli che aspiriamo vengano numerosi nella nostra terra, quelli per cui studiamo milioni di strategie di comunicazione. Per i quali si spendono infinite risorse per marketing e azioni mirate a intercettarli e attrarli; quelli verso i quali ci descriviamo come il paradiso in terra.

Ma, ahinoi, sono i sacchetti, i televisori abbandonati e le migliaia di discariche abusive che ci descrivono meglio di qualsiasi cartina turistica. Anche loro comunicano, forse più di tutte le campagne marketing pagate fior di quattrini.

L’abbandono dei rifiuti, quell'azione di pochi, che influisce sul destino di tutti. Oltre a deturpare e inquinare l’ambiente, distrugge in pochi attimi anni di scommesse imprenditoriali volte a promuovere e a lavorare sul nostro territorio con impegno e sacrificio. Distrugge investimenti per portare lavoro. Distrugge l’immagine che vogliamo esportare.

Ecco perché, paradossalmente, comunica di più il televisore abbandonato sulla segnaletica verticale, che tutte le campagne promozionali con bellissime immagini e descrizioni.

L'immagine risale a questo pomeriggio ed è stata scattata in una strada della nostra Barbagia.

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