L'ex presidente della Regione Pietro Soddu: "ecco perchè l'opera L'ultimo pugno di terra, non contrastava con la retorica della Rinascita"

Pietro Soddu
07/05/2015
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Da tempo intorno al lungometraggio di Fiorenzo Serra commentato da Manlio Brigaglia e Giuseppe Pisanu, circola una leggenda che possiamo chiamare isolana e che viene ripetuta acriticamente anche in questo articolo (link) seguendo ciò che dicono i responsabili della Società umanitaria, cioè che il lavoro di Fiorenzo Serra non piacque alla Giunta regionale perché contrastava con la retorica della Rinascita.
Ma questo non risponde al vero.
Il film infatti risale all’inizio degli anni ’60 quando il Piano di Rinascita non aveva fatto ancora i primi passi. Chiunque si soffermasse su questo punto e conoscesse la storia dell’Autonomia e anche certi riti della politica regionale, non esiterebbe ad accorgersi che la realtà è l’opposto della leggenda.
Vediamo la storia: il film fu commissionato da F. Deriu ma consegnato quando ero io l’Assessore alla Rinascita in carica.
Fiorenzo Serra era mio amico e miei amici erano Manlio Brigaglia e Giuseppe Pisanu. Basterebbe solo questo a cancellare certe superficiali e infondate valutazioni di una preconcetta ostilità al loro lavoro. Ma per meglio illustrare il clima del tempo ricordo che la “Rinascita” nacque da una lunga lotta iniziata nel 1950 con il Congresso del popolo sardo, voluto dalla CGIL, presieduto da E. Lussu e guidato da R. Laconi.
Da allora in poi la tesi politica di fondo divenne quella di trasformare radicalmente la condizione di ritardo, di sottosviluppo, di accantonamento, di disoccupazione e di analfabetismo, di carenze infrastrutturali (e di quant’altro faceva della Sardegna un universo fermo nel tempo) con un piano straordinario guidato dalla Regione secondo il dettato dell’art. 13 dello Statuto. Anche il film di F. Serra si collocava in questo contesto.
“L’ultimo pugno di terra” rappresentava per me e per tutti quelli che erano impegnati, nella maggioranza e nell’opposizione, a mettere in campo una politica di forte cambiamento e di rapida modernizzazione, un validissimo contributo.
I contenuti del film sono da questo punto di vista, a tanti anni di distanza, la più chiara testimonianza che tali obiettivi sono stati in gran parte raggiunti.
Qualche anno fa a Carbonia, invitato dal Sindaco Tore Cherchi e dall’Assessore ala cultura Maura Saddi, dopo aver assistito alla proiezione de “L’ultimo pugno di terra”, ebbi modo di raccontare anche la giusta versione dei fatti reali poi trasformati in una fantasiosa leggenda. Dissi che la Giunta Corrias prese visione del film nella saletta della torre del palazzo regionale di Viale Trento e dissi anche, come sto dicendo in questa precisazione, che la Rinascita non c’entrava nulla con i rilievi della Giunta dal momento che il Piano straordinario aveva appena iniziato il suo cammino.
Quello che disturbò alcuni assessori di quella Giunta (ricordo in modo particolare le critiche di Pietro Melis e Anselmo Contu) riguardava il giudizio negativo, implicito nel film, su circa quindici anni di politica regionale e l’assenza di qualsiasi accenno ai risultati positivi di tale politica.
Non mi è sembrato allora e non mi sembra neppure oggi particolarmente scandaloso che un governo regionale chiedesse che il film, sia pure di alto contenuto artistico, non forzasse troppo la realtà e non occultasse le parti buone per apparire più affascinante.
Questo è stato il contenuto della richiesta fatta da me al regista a nome della Giunta, alla quale avevo peraltro fatto presente i limiti impliciti nella richiesta, trattandosi di un’opera d’arte di grande pregio, che non si poteva chiedere agli autori di snaturare.
E fu questo che io comunicai a Fiorenzo Serra che si limitò a qualche correzione puramente formale e a separare le singole realtà, facendole così diventare meno drammatiche e meno accusatorie nei confronti della Regione.
Per quanto riguarda la sua mancata diffusione devo dire che i miei collaboratori ed io eravamo fortemente contrariati perché convinti delle qualità culturali e artistiche del lavoro  di F. Serra e perché puntavamo molto sulle positive reazioni che la visione del film avrebbe provocato nell’opinione pubblica, soprattutto giovanile, contribuendo alla mobilitazione necessaria per raggiungere gli ambiziosi e difficili obiettivi del Piano.
La Giunta regionale nella sua maggioranza però la pensava diversamente ed io non potevo fare altro che prenderne atto.
Le ragioni degli assessori più critici non erano però campate in aria, infondate o prive di valore. La Regione era una realtà viva. Il Consiglio regionale aveva approvato molte leggi importanti, l’amministrazione aveva superato le difficoltà iniziali e realizzato molti programmi in vari settori.
Ricordo in particolare le leggi e gli interventi in agricoltura, la nascita dell’Isola, dell’Esit, dell’Ensae, i piani dei mattatoi, delle zone olivastrate, degli edifici per le scuole elementari e per gli ambulatori, l’elettrificazione dei centri ancora privi di reti, la costruzione di molte strade vicinali, la lotta alla malaria e all’idatidosi, tutti  interventi diretti a cambiare le condizioni delle Sardegna.
L’assenza nel film di qualsiasi riferimento a questi aspetti della realtà regionale era apparsa a qualcuno degli assessori (che erano stati ed erano ancora protagonisti delle politica regionale e convinti sostenitori dell’Autonomia) come un attacco implicito alla sua essenziale e positiva presenza nella vita dei sardi e perciò da modificare.
Questo è quello che ricordo e che mi pare sia utile alla formazione di un giudizio equo e razionale evitando di insistere su una leggenda che non dice il vero  e non giova a nessuno.
“L’ultimo pugno di terra” non è un’indagine antropologica o sociologica, non è neppure un documentario politico simile a quelli in uso nei regimi dittatoriali. È un’opera d’arte e come tale va giudicata oggi ed è stata da me giudicata anche allora.
Renzo Serra non era un antropologo né un sociologo e neppure un politico, ma un regista “poeta”, dopo essere stato poeta nel senso tradizionale di scrittore di poesie.
Per quanto riguarda il mio giudizio politico, posso dire che “L’ultimo pugno di terra” era pienamente in linea con le mia visione della Rinascita e prima ancora con tutto il lavoro politico da me svolto come dirigente della DC sassarese, come Sindaco, come Consigliere provinciale e come direttore del periodico dei “giovani turchi” Il Democratico, del quale erano collaboratori essenziali anche M. Brigaglia e G. Pisanu.
Come potevo io non essere d’accordo con ciò che descriveva ed evocava “L’ultimo pugno di terra” ?
Ma la politica democratica e le responsabilità di governo non rispondono semplicemente ai gusti, alle preferenze, alla visione e tantomeno alle utilità di ciascuno, ma a una più larga, complessa e quasi sempre contraddittoria realtà che spesso si supera adottando un punto di equilibrio che a volte non ci piace ma tiene conto di tutte le opinioni legittime.
Se di scandalo dunque si deve parlare esso sta soprattutto nella difficoltà che abbiamo noi sardi a scegliere chiaramente una strada, ad assumerci tutte le responsabilità, a giudicare con equilibrio ed equità, a dare a ciascuno il suo, anche quando conosciamo la verità dei fatti.

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