Prodotti sani e a km0 nelle mense scolastiche. Lo chiede Coldiretti Sardegna in linea con le esigenze che arrivano dai genitori come confermato ieri dall’indagine Coldiretti/Ixe’ presentata a Roma durante il convegno “Corruzione e Agromafie”, promosso dalla Coldiretti e dal Comitato scientifico della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e nell’agroalimentare” presieduta da Gian Carlo Caselli: l’83% dei genitori vorrebbe nelle mense scolastiche cibi più sani per i propri figli, sia per motivi legati alla salute sia per sviluppare una corretta educazione alimentare.
Preoccupazione confermata dai dati che arrivano dal progetto delle Asl Okkio alla salute, secondo il quale il 27% dei bambini sono sovrappeso e di questi il 10% sono obesi.
“Per questo – ricorda Battista Cualbu presidente di Coldiretti Sardegna - insistiamo nel chiedere alla politica di promuovere e portare avanti con decisione un progetto organico di mense a km0 diffuse in tutto il territorio regionale. Sarebbe una risposta importante alle richieste che arrivano dai cittadini che oggi, grazie anche al nostro lavoro, hanno maturato negli anni consapevolezza e sensibilità al tema del cibo buono e di qualità e alla tutela dell'ambiente”.
Ma si valorizzerebbero anche le realtà produttive locali e si ridurrebbero i troppi passaggi intermedi dietro i quali più elevato è il rischio di frodi e sofisticazioni.
“Secondo nostre stime – dice il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba – ogni anno in Sardegna si consumano tra i 10-12 milioni di pasti che costano tra i 4 e i 5 euro. Stiamo parlando dunque di un giro di affari tra i 50 – 60 milioni di euro, cifra da non trascurare che darebbe respiro alle aziende oltre che risposte ai genitori che chiedono che i figli a scuola consumino cibo locale, certificato e sardo”.
Prodotti alimentari made in Sardinia ed in Italia che sono dieci volte più sicuri di quelli extracomunitari per quanto riguarda il contenuto in residui chimici come ricordato dalle rielaborazioni di Coldiretti sulla base dell'ultima relazione dell'Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa). Appena lo 0,6 per cento dei prodotti Made in Italy, contiene residui chimici oltre il limite mentre la percentuale sale all'1,4 per cento per i prodotti di origine comunitaria e addirittura al 5,7 per cento per quelli extracomunitari.
"Numeri che certificano l'impegno dei nostri agricoltori - argomenta Battista Cualbu -, che si distinguono per una agricoltura da record a livello internazionale per sicurezza alimentare e rispetto ambientale. Il made in Italy vanta infatti il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, ma anche il primato nella creazione di valore aggiunto per ettaro e quello della sostenibilità dal punto di vista ambientale per la ridotta emissione di gas ad effetto serra".
“E di questo c'è consapevolezza – ricorda il direttore di Coldiretti - visto che l'82% dei cittadini è disposto anche a pagare di più pur di avere la certezza di mangiare cibi made in Italy come è emerso nella recente consultazione online promossa dal ministero delle Politiche agricole”.
“Chi deve fare un passo avanti – chiudono presidente e direttore – è il mondo politico che cincischia davanti alle nostre richieste di stringere le maglie troppo larghe della legislazione a partire dall'obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata in tutti gli alimenti o, a livello regionale, nel favorire la presenza dei prodotti nostrani nelle mense scolastiche".