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Il museo Nivola apre le porte ai visitatori.

Commozione al taglio del nastro.

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Orani. Il museo Nivola ora è davvero all’altezza dell’opera dello scultore-pittore. Alla presenza di circa seicento persone questo pomeriggio si è finalmente tagliato il nastro e aperto ufficialmente il nuovo museo dedicato a Costantino Nivola. All’appuntamento non hanno voluto mancare i figli di Costantino: Pietro e Chiara, che hanno assistito emozionati al taglio del nastro. Perché con l’inaugurazione si è concluso un viaggio lungo dieci anni “di fatica e sacrifici”. Alla festa, oltre ai padroni di casa, Ugo Collu, presidente della Fondazione Nivola e il sindaco Franco Pinna, erano presenti gli assessori regionali ai Beni Culturali, Sergio Milia e quello al Turismo, Artigianato e Commercio Luigi Crisponi. Rotto dall’emozione il breve intervento dell’architetto Gianfranco Crisci. Importante il contributo del professor Carlo Pirovano, storico dell'arte e curatore dell'allestimento che ha  spiegato con dovizia di particolari, il percorso che ha portato alla scelta della location per la realizzazione del museo. La struttura, che è il frutto di dieci anni di sforzi, durante i quali sono state coinvolte le imprese oranesi eccellenza dell’artigianato sardo, appare meravigliosamente incastonata sulla collina, circondata da un immenso prato erboso. Occupa gli spazi che un tempo appartenevano al lavatoio, dove esisteva già una costruzione dell’epoca fascista. Si divide in tre parti,  tre padiglioni dalle linee moderne, che in un percorso temporale e tematico ripercorrono la vita artistica di Nivola. Guarda al paese come se fosse lo stesso Costantino, che dalla sua cultura, dalle sue forme, dalla sua natura ha preso ispirazione. E’ un posto quasi magico, dove in silenzio ammirare la superba arte di un uomo riservato e schivo, accompagnati dallo scorrere dell’acqua che segue la collina e scende verso il paese.  Sembra quasi di vedere le donne chine nel loro duro lavoro di massaie, quelle stesse donne che sgridavano bonariamente il giovane artista per quelli strani scarabocchi sulla facciata della Chiesa di Nostra Signora d’Itria.

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