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La recensione al nuovo libro di Marco Conti, il portiere dell'Ovodda che opera nel sociale

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Marco Conti è nato il 31 Agosto 1985. E’ un Assistente sociale ed esercita la professione presso la casa famiglia per minori e adolescenti di Esterzili e i centri di medicina riabilitativa CMF e Santa Lucia. Esordisce nel 2011 con il riflessivo “Dalle ceneri della fenice”(Amico libro Edizioni), un racconto di forza, speranza e rinascita che da subito ha sedotto l’attenzione di tanti utenti ed è stato scelto come libro di testo da numerose scuole medie e superiori nel panorama regionale sardo oltre ad esser stato adattato per il teatro dallo sceneggiatore romano Claudio Angelini.

Nel 2013 ha pubblicato “Tempi sospesi”(Amico libro Edizioni), un racconto di ricerca introspettiva verso la rinascita, un inno all’occasione che ciascuno di noi si crea per sentirsi vivo, senza angosce, anelando fra le righe un nuovo capitolo della propria esistenza.

Non vi è alcun rinnovamento senza mutamento e nel 2014 con “Sul confine”(Amico libro Edizioni), l’attenzione del nostro talentuoso scrittore si scosta di gran lunga dalla rinascita improntando ed imprimendo con una verve differente il suo percorso creativo. Senza timore ma con coraggio e consapevolezza di quanto le parole talvolta possano diventare un ottimo mezzo, un'arma a doppio taglio per la critica, esplorando e districandosi in un’ esposizione minuziosa, smaliziata, sfacciata al tempo stesso. Articolata da un linguaggio perfettamente in linea ma senza schemi racconta nero su bianco alcuni scorci di realtà tangibili rese marginali in una società contemporanea come la nostra, attenta al consumismo e "lontana" da ciò che umanamente sopravvive nell’ombra.

La solitudine è il fondamento di questo macchinoso processo riflessivo alle intenzioni di un sistema cieco e sordo.
Sembra oggi una malattia da cui tutti dobbiamo fuggire, forse perché sempre più si avverte la condanna di doverla vivere e nello stesso tempo la speranza di poter ritrovare in essa momenti di intimità con se stessi. È proprio questo il paradosso che la solitudine diventa condizione psicologica.
Ma non sempre imparare a stare soli è la via maestra per acquisire maggior consapevolezza di se stessi ed entrare in contatto con la propria autenticità.
Il Virgilio che ci accompagna in questo inferno contemporaneo si chiama Samm, scrittore solitario e maledetto che dissolve nella solitudine ogni speranza perdendosi in un bicchiere di whisky con un cubetto di ghiaccio. Nome insolito, che designa una imperfezione ma solo palmare perché è proprio l’apparenza ad ingannare, profondendo maschere anziché volti che intrappolano i sensi della ragione. E’ il Mr. Hyde di Marco.
Dieci racconti di solitudine, disperazione e sesso che danno l’occasione all’autore e al lettore di interfacciarsi con tutto quello che quotidianamente ci attraversa la strada all’improvviso e si cerca di evitare.
Amori impossibili e talvolta non corrisposti che finiscono ancor prima di nascere. Illusioni verso se stessi e verso gli altri come rivoli in piena e senza argini che scorrono e corrono sgorgando nel sistema e sul confine. Storie di prostituzione e di abbandono, come quella di Veronica che appena diciottenne ma intrisa fin dalle prime albe della sua presenza in questa vita nel degrado familiare si ritrova costretta a fuggire, ritrovando per caso una sua vecchia compagna di sventure e per non perdersi si vende ma con la speranza di salvarsi, un giorno. “Quando si percorre la strada verso l’inferno e la si percorre in due, è vero che porta sempre all’inferno, ma le fiamme sembrano più sopportabili.”
Può capitare a qualunque età e fare male allo stesso modo.
 

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