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Contraffazione agroalimentare. Due prodotti italiani su tre venduti sul mercato internazionale sono imitazioni

Coldiretti: "dalla lotta alla contraffazione e alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere trecentomila nuovi posti di lavoro"

a cura della redazione
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La contraffazione, la falsificazione e l’imitazione del Made in Italy alimentare nel mondo ha superato il fatturato di 60 miliardi di euro, con quasi 2 prodotti di tipo italiano su 3 in vendita sul mercato internazionale che in realtà non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale.

“Se a questi dati spaventosi aggiungiamo anche le dichiarazioni infelici e dannose del commissario dell’Ue all’Agricoltura Phil Hogan la situazione non è sicuramente rosea e rassicurante per i produttori” sostiene il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu riferito alla polemica nata sui pomodori Dop di San Marzano. In sintesi ad un'interrogazione di europarlamentare della Lega Nord, che chiedeva di proibire la vendita e la diffusione di pomodori coltivati in Belgio ma esponenti l’etichetta Dop “San Marzano”, il commissario Ue ha risposto: “la varietà di pomodoro San Marzano può essere coltivata al di fuori dell’aria geografica delimitata (ovvero quella della Dop italiana “Pomodoro San Marzano dell’Agro- nocerino-sarnese) e non è appannaggio dei produttori italiani”.

“Questo – secondo Battista Cualbu - è un nuovo tentativo di omologare al ribasso le produzioni mentre il futuro dell’agricoltura sarda dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali che sono la chiave del nostro successo”.

Nel momento in cui viene riconosciuta una denominazione protetta tutte le imitazioni o evocazioni dell’area geografica di riferimento sono vietate. La dicitura agnello sardo  - è l'esempio concreto di Cualbu che ricopre anche il ruolo di presidente del Consorzio per la tutela della Igp agnello di Sardegna - costituisce imitazione o evocazione  della denominazione della Igp agnello di Sardegna, pertanto non può essere utilizzata in termini pubblicitari o anche di semplice  etichettatura delle carni”. 

“Chi sceglie l'agnello sardo piuttosto che San Marzano in Europa e nel mondo - sottolinea Cualbu - è convinto di acquistare un prodotto italiano, per questo non si possono tollerare inganni dei consumatori ma neanche la concorrenza sleale nei confronti dei produttori, impegnati nel rispettare rigidi disciplinari di produzioni. Stiamo parlando di produzioni conosciute in tutto il mondo, che l’Unione Europea deve tutelare sulla base del regolamento n. 1151/12. La norma sulla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari che prevede apposite sanzioni amministrative per tutti coloro che utilizzano impropriamente segni distintivi di un prodotto nella presentazione e nella commercializzazione. 

Dalla lotta alla contraffazione e alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere trecentomila nuovi posti di lavoro. 

L’Italia è il Paese più forte al mondo per prodotti ‘distintivi’ con 280 prodotti a denominazione Dop e Igp (7 in Sardegna: 6 Dop e 1 Igp), cui vanno aggiunte due Specialità agroalimentari tradizionali - Stg, per un totale di circa 90mila addetti e 150mila ettari coltivati. Il valore della produzione è di 6,6 miliardi di euro, mentre il valore dell’export 2014 ammonta a 2,4 miliardi di euro, in crescita del 5 per cento rispetto all’anno precedente. A questi vanno aggiunte le 523 denominazioni di origine per i vini e le 39 indicazioni per gli altri prodotti alcolici, con 200mila produttori e 350mila ettari di vigneti, per un valore della produzione di 7,1 miliardi di euro, oltre ai 4,3 miliardi di euro delle esportazioni. Il tutto per un fatturato al consumo di 13,5 miliardi di euro. 

Il falso Made in Italy a tavola colpisce in misura diversa tutti i diversi prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino all'extravergine, sughi e pasta, ma in particolare i formaggi che sono in testa alla classifica dei prodotti più clonati, e tra questi il nostro Pecorino Romano. 

A differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia. 


 

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