E’ imbarazzante l’immobilismo della Regione sullo sblocco dei premi comunitari. Non si fa altro che rinviare e scaricare le colpe senza mai assumersi una responsabilità e soprattutto senza mai armarsi di buona volontà e dell’autorevolezza che gli compete per rivendicare un diritto delle nostre imprese agricole.
“Anche l’estate sta trascorrendo senza nessuna novità – attacca il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. L’attesa si fa sempre più estenuante. Tempi cosi lunghi per l’erogazione dei premi comunitari non si erano mai visti. Quello che per noi è un diritto sta diventando una concessione. Ma sarà veramente un problema di non funzionamento dei programmi informatici – si chiede il presidente riferito all’ultima giustificazione arrivata da via Pessagno - o si nasconde qualcos'altro? Oppure ci hanno rifilato dei bidoni al posto dei sistemi informatici che abbiamo pagato a peso d’oro? E’ mai possibile che nessuno paghi questi ritardi? Forse qualcuno, oltre a scaricare le colpe sempre su altri, qualche domanda sul proprio impegno dovrebbe cominciare anche farsela”.
“Il refresh è l’emblema di questa non politica – prosegue sulla stessa linea Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna -. Su questo problema è calato il silenzio. Sono trascorsi otto mesi da quanto nell’ottobre scorso, a parole, accolsero finalmente dopo un anno di tergiversazione la nostra proposta: una soluzione politica in cui l'ente pagatore nazionale Agea gira le competenze a quello regionale Argea, consentendo di riaprire i termini per il riesame della pratiche in anomalia e verificarle con i sopralluoghi nel campo”.
“Ad oggi, anche su questo fronte, - sottolinea ancora Battista Cualbu - non abbiamo nessun risultato dalla politica mentre le aziende sono davvero su lastrico. Diverse rivendicano crediti che vanno oltre i 100mila euro. A questo punto non possiamo più trattenere la rabbia dei nostri soci davanti ad una politica che sa solo promettere e prendere tempo senza arrivare mai ad una soluzione. La fiducia e la pazienza è finita e la piazza è l’unica arma che ci rimane davanti ad interlocutori sordi che non colgono la gravità del problema”.