La cannabis light legale fa parte delle nostre vite da diversi anni. Per la precisione, come data di riferimento bisogna considerare il mese di gennaio 2017, quando è entrata in vigore la Legge 242/2016, un testo normativo rivoluzionario per il nostro Paese. Da allora, in Italia è consentito coltivare, consumare e commercializzare cannabis a basso contenuto di THC (per la precisione, si parla di una soglia pari allo 0,2%).
Il testo normativo sopra ricordato, che ha diversi aspetti da migliorare più volte richiesti sia dai consumatori sia dagli attori della filiera, ha cambiato radicalmente l’approccio che in Italia si ha quando si parla di cannabis. Anche se, come già detto, ci sono numerosi punti da implementare (per esempio, non si parla in maniera esplicita di consumo umano), è certo il fatto che, quando si chiama in causa la Legge 242/2016, si inquadra una svolta a seguito della quale si è smesso di guardare alla cannabis con timore e pregiudizi.
Non a caso, sono tantissime le persone che ogni giorno si chiedono come si coltiva la marijuana legale in ambito domestico. Premettendo il fatto che quando si parla della cannabis a basso contenuto di THC non si inquadra una pianta con efficacia terapeutica, vediamo, nelle prossime righe, alcune dritte per i coltivatori domestici.
L’acquisto dei semi
Per coltivare cannabis legale in casa è necessario chiaramente comprare i semi. Nel momento in cui li si chiama in causa, è basilare rammentare l’importanza di comprare solo quelli inclusi nel Registro Europeo delle Sementi. Il rivenditore deve fornire il certificato che attesta quanto sopra citato, da conservare per almeno sei mesi.
Il terreno perfetto
Una volta scelte le sementi, è fondamentale focalizzarsi sul terreno. Che caratteristiche dovrebbe avere quello adatto alla coltivazione di cannabis light? L’ideale è focalizzarsi su quello contraddistinto dalla presenza, in parti uguali, di componenti come il limo, la sabbia e l’argilla.
L’importanza delle luci
Proseguendo con l’elenco delle dritte da prendere in considerazione nel momento in cui si punta a coltivare cannabis light in casa, un doveroso cenno deve essere dedicato alle luci.
La prima cosa da dire al proposito è che le indicazioni in merito dipendono dalla fase di crescita delle piante. Iniziamo con quella vegetativa, nel corso della quale, per crescere al meglio, la pianta di cannabis richiede una luce blu affine a quella che contraddistingue il solo attorno a mezzogiorno. Un doveroso cenno deve essere dedicato alla lunghezza d’onda. Quella ideale è pari a 6500 K.
Dopo la fase vegetativa, arriva quella di fioritura. In questo frangente, bisogna mettersi nell’ottica della necessità , da parte della pianta, di una luce che si avvicina molto a quella che, in ambiente naturale, contraddistingue la stagione autunnale.
Per quanto riguarda i numeri specifici, facciamo presente che, in linea di massima, l’alternativa migliore è una luce con uno spettro pari a 2700 K.
Si potrebbe andare avanti ancora tanto a parlare dei consigli per scegliere l’attrezzatura di illuminazione giusta per la coltivazione casalinga della cannabis light legale. Entrando nel vivo dei corpi illuminanti specifici, non si può non citare la lampada HPS (il classico tubo fluorescente, per capirci).
Quando le si nomina, è importante ricordare la possibilità di trovare in commercio soluzioni diverse sia per quanto riguarda il colore, sia per quel che concerne la lunghezza d’onda. Un’altra loro caratteristica importante riguarda la capacità di replicare gli spettri luminosi che contraddistinguono la luce del sole.
Dopo aver acquistato le lampade, è necessario focalizzarsi anche sul loro posizionamento. In media, dovrebbero essere sistemate a 8/10 centimetri dalla pianta. Cosa dire in merito ai costi? Che sono a dir poco abbordabile: si parla infatti di circa 15 euro a singolo corpo illuminante. Per quel che concerne la durata media del prodotto, abbiamo a che fare con un range di circa 20mila ore.