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Lo Stato repubblicano.

di Natalino Piras (disegnu de Lorenzo Vacca).

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Viene in mente di quando una volta un inviato di “Repubblica” venne in un paese della Sardegna. Erano tempi di subbuglio, di non volerne sapere di un governo, un’amministrazione comunale regolarmente eletta. Il 2 giugno 1946 era passato da mezzo secolo ma là, in quella zona tra montagna e mare doveva ancora arrivare. Giunse invece, nel cuore del subbuglio, l’inviato del giornale romano e così si presentò al primo incontrato: “Sono un giornalista di Repubblica”. Oltremodo troncante la replica: “Inoke no’ semus a repubblica”. Qui non siamo a repubblica. Un fatto più volte raccontato, replicato, reiterato. Non è vero, neppure in questo 2 giugno 2013, che siamo una Repubblica come si deve. Abbiamo, come Stato repubblicano, 67 anni. E tutti gli anni di questi 67 non sono mancati alla Repubblica presidenti non sempre all’altezza, governantes adreottianos, animosi golpisti, corruttori corrotti e cospiratores. Soprattutto vampireschi esattori delle tasse e grandi evasori fiscali. Tutti i giorni, dal referendum del 2 giugno 1946, quando la volontà popolare disse no ai Savoia, iniquo regno, a oggi. Non è vero che siamo cresciuti nonostante l’effimero boom economico degli anni Sessanta. Non è vero perché nonostante la parata militare che pur ridotta è pur sempre una ostentazione di potere guerresco – e qui ci sarebbe molto da obiettare – noi abbiamo, in questo Stato repubblicano, il partito di Berlusconi che fa governo e come oppositore un comico, un Grillo. Inoke no’ semus a repubblica, però sempre in subbuglio.

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