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La scuola pastorale.

di Natalino Piras.

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Sembra una favola. Prendo dal libro autobiografico “Nonostante i cacciatori di uomini”, scritto da Giovanni Farina dall’ergastolo cui è stato condannato per il sequestro Soffiantini. Era un pastore di pecore, di capre e di mucche, un domatore di cavalli, emigrato da Orune in Toscana con la sua famiglia, da quando aveva due anni. Il suo apprendistato furono la campagna e il bosco, la dura condizione del lavoro dall’alba al tramonto ma anche il continuo contatto con la natura: tanto aspra e selvaggia quanto piena di meraviglia. Per la sua capacità di mostrarsi e insegnare al cuore degli ingenui che tali restano per sempre. Nonostante l’attraversamento di spesso buio. A un certo punto della sua vita, Giovanni Farina si trovò ad essere latitante in Venezuela. Una notte che tornava in macchina dall’aeroporto di Cuccuta dovette deviare e prendere un sentiero sterrato tra le montagne. A metà cammino fu bloccato da alcuni ragazzini. Erano indios. Lo supplicarono di portare la loro madre in ospedale. Altrimenti sarebbe morta. Farina avrebbe voluto tirare dritto ma il codice etico della scuola pastorale gli impose di obbedire ai ragazzini. Andò nella loro povera capanna. La madre stava per partorire. Chiedeva aiuto. Farina cadde nel terrore ma ricordò di quante pecore, capre, mucche e cavalle aveva aiutato nell’atto di mettere al mondo i loro figli. Una scuola di vita che gli tornò utile per far nascere sano il bambino della madre venezuelana. Poi ripartì nella notte.

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