La notte del 4 agosto, con la tragica morte di Andrea Serusi e il profondo turbamento di tutti, si sono riaperti due processi. Uno sui giovani: chi difenderà Fonni dai giovani? Il secondo sugli adulti: chi difenderà Fonni dagli adulti?
In quelle ore il giudizio sui giovani è stato spietato ed emotivo. Infinito l’elenco delle accuse: dalle corse in macchina e moto a folle velocità al tenore di vita al di sopra delle oneste possibilità, dal linguaggio che sposa volgarità e superficilaità alla familiarità con l’alcool che confonde il giorno con la notte. Naturalmente in questi momenti ci si dimentica della loro fragilità perchè il futuro è incerto, l’amore vero sfugge, la ricerca di senso della vita non viene trovato. Poi si mette tra parentesi il volto della gioventù sana, impegnata nel compimento del proprio dovere, esemplarmente aperta ai valori della responsabilità e della solidarietà.
Non meno impietoso il processo agli adulti. E’ celebre il detto: “I giovani non sono vasi da riempire. Sono fuochi da accendere”. I giovani, come diceva Paolo VI, non hanno bisogno di maestri ma di testimoni; di maestri purchè siano anche testimoni.
Gli appunti critici dei giovani sugli adulti non riguardano la mancanza di avvisi e di prediche, di sgridate o di lusinghe, ma il fatto che verso di essi si comportano in modo diverso da come si comportano tra loro.
Il clamore di questi due processi non porta da nessuna parte. C’è bisogno di dialogo responsabile e onesto tra giovani e adulti, altrimenti sono due periferie che non si incontrano.
Sommessamente poi incito a mettere Dio non solo nei tristissimi funerali o nelle macerie dell’amore e dei fallimenti, ma dentro il dialogo tra poveri mendicanti di pane e soprattutto di speranza.