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Costi della politica. Si scatena la polemica

a cura della redazione
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Come un boccone amaro, gli amministratori dei nostri piccoli paesi non riescono a mandare giù, le parole dell'Onorevole Roberto Capelli apparse lunedì scorso in un articolo dell'Unione Sarda che vi proponiamo di seguito:
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"Gli enti pubblici sarebbero un rifugio per disoccupati, questo quanto denunciato al vertice del Centro Democratico, ricostituito in Ogliastra dopo la rottura con il gruppo dirigente storico che faceva capo a Bruno Pilia, ex presidente della Provincia. «Siamo stanchi delle solite domande sulla mancanza di lavoro -, ha esordito il deputato Roberto Capelli - il sistema fallisce, ci sono i disoccupati nelle giunte comunali e regionali che amministrano perché altrimenti non avrebbero una busta paga. La politica non deve dare lavoro riempiendo gli enti come le Asl o i cantieri forestali di dipendenti inutili. Dobbiamo impegnarci per procurarci il lavoro, organizzarci per fare impresa". 


A far scatenare l'inferno il post indignato dell'Assessore del Comune di Fonni Salvatora Mulas, che si dichiara gravemente offesa dalle dichiarazioni dell'Onorevole e attacca: “Certo una busta paga di 77 euro al mese per fare l'assessore a Fonni mi riempie le tasche di soldi e risolve i problemi dettati dallo stato di disoccupazione. Che vergogna!!! Andare contro chi si mette a disposizione della comunità accusandolo di farlo per sistemarsi”. Un dibattito sviluppatosi su facebook, al quale sono intervenuti anche il Sindaco di Oniferi, Stefania Piras che sentendosi tirata in ballo afferma: “La presenza di persone laureate e disoccupate nelle giunte ormai è una costante, non certo per la misera indennità, ma perché questo rappresenta il grave stato di crisi del mondo del lavoro. Si è in grado di fare l'amministratore ma non c'è spazio da nessuna parte per un misero stipendio. Potremmo sempre sfruttare il nostro ruolo, guadagnato zappando l'orto. Cioè mettendoci la faccia. Una faccia che i miei cittadini vedono tutti i giorni in Comune. Non nascosta sui banchi di un consiglio regionale. Questa è la discriminante fra un amministratore ed un politico”. Roberto Capelli dal canto suo, non si sottrae al confronto e interviene rispondendo: “Il discorso incriminato non era rivolto ai singoli, ma al sistema e in particolare anche a quello degli Enti. Le domande erano, e sono queste: persone chiamate ad amministrare la cosa pubblica, o a giudicare con il loro voto (determinante) la fine o la prosecuzione di una giunta, di un governo o di un consiglio di amministrazione di cui fanno parte sono effettivamente libere nell'esprimere (e votare) la loro valutazione se la loro unica fonte di reddito (e ovviamente non parlo del gettone dei sindaci o amministratori dei piccoli centri! ma anche in questo caso richiamo il principio!) è quella derivata dall'incarico? Credo che debba finire la continua richiesta di "lavoro" attraverso la politica, perché diversamente non avremo più amministratori, politici e cittadini realmente liberi e continueremo ad assistere alla negazione del merito”. E aggiunge: “Credo si debba chiaramente distinguere tra chi lavora per fare politica e chi fa politica per lavorare”. Lo scambio di opinioni, abbastanza infervorato tra i cittadini-amministratori e il politico, continua in un interminabile elenco di battute, dove inevitabilmente emerge il disgusto verso gli alti costi della politica e la difficoltà delle amministrazioni a portare avanti azioni concrete per la propria comunità a causa dei limiti delle risorse economiche. Nonostante tutto, si legge tra le righe, gli amministratori comunali continuano a lavorare per il bene della propria comunità: degna di nota l'iniziativa degli amministratori del Comune di Sarule che hanno rinunciato alla, seppur irrisoria, indennità per investirla nella mensa scolastica e in bonus famiglia.

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