Non scandalizzatevi, non è il titolo dell’ultima fatica cinematografica di Rocco Siffredi.
La Brambilla in questione è l’ex ministro del turismo ed attuale deputato di Forza Italia, che qualche giorno fa ha presentato una proposta di legge per vietare la macellazione dei capi sotto i sei mesi di età, ed in particolare degli agnelli, sacrificati in gran numero in occasione delle festività pasquali. Evidentemente la sua proposta non ha il solo intento di evitare che gli agnelli vengano macellati appena svezzati, a poche settimane di vita, ma mira a eliminare completamente il commercio degli stessi, per il semplice fatto che il mercato non richiede un agnellone di sei mesi, ma uno da latte. Inoltre ciò significherebbe cancellare dalla faccia della terra una filiera composta da diversi operatori, concorrendo a mettere definitivamente in ginocchio un’economia, quella sarda in particolare, già seriamente provata dalla crisi mondiale. Significherebbe vedere chiusi macelli, e vedrebbe migliaia di pastori perdere la loro principale fonte di reddito.
Ora, non vorrei soffermarmi tanto su questa proposta sconclusionata, evidentemente provocatoria, fatta da una persona che si dichiara fervida animalista, salvo commerciare da tredici anni prodotti ittici all’ingrosso: probabilmente nel suo immaginario idilliaco, gamberetti e salmoni si suicidano e si gettano volontariamente nelle sue reti. Ma vista l’inconsistenza della proposta, cui non riesco a dare più del peso che si merita, vorrei parlare del fenomeno moderno rappresentato da vegetariani e vegani. Una delle domande che mi vengono poste con maggior frequenza negli ultimi mesi è “sei diventato vegetariano?”. La risposta è no, non lo sono, pur avendo lavorato per tre anni in un frigo-macello, ed avendo scelto di cambiare direzione, dedicandomi ad altro. C’è una bella differenza fra una scelta compiuta alla luce di un’esperienza diretta, rispetto ad una intrapresa per seguire la moda, o una presunta coscienza cosmica spuntata da un arido deserto di valori, quello che ahimè, caratterizza l’uomo moderno, i cui ritmi non sono più dettati dalla natura, ma dalla vita frenetica delle metropoli, quelle in cui tutto è sintetico. A cosa alludo? Al mondo dei vegetariani, sempre più agguerriti nel sostenere le loro opinioni, sentendosi in dovere di erudire anche noi vili carnivori, straziatori di altrui membra. Personalmente ho diversi conoscenti e amici vegetariani, e quasi tutti sono nati ed attualmente vivono in città. C’è un nesso fra vita metropolitana e realtà vegetariana-vegana? Credo fermamente di sì. Chi come me è nato in un piccolo paese in provincia, circondato dalla campagna, ed ha avuto a che fare, fin da tenera età, con gli animali, ha una visione degli stessi molto diversa da chi è vissuto circondato dal cemento, vedendoli solo saltuariamente in tv. Chi ha conosciuto la campagna sa quali sono le sue regole ancestrali, immutate nei millenni, nonostante l’Uomo. Mi capita spesso di vedere piccoli animali domestici uccidere e cibarsi di altri animali, e questo non li ha mai trasformati ai miei occhi in freddi assassini. Per lo stesso motivo, pur avendo avuto un’ esperienza diretta della macellazione di svariati capi animali, continuo a consumarne la carne, con una coscienza superiore rispetto a chi si dichiara vegetariano, e magari non si è mai preso la briga di andare a vedere come vive e come muore un animale, accontentandosi invece della visione spesso distorta di aspiranti profeti del veganesimo. Questa, per quanto mi riguarda, è ipocrisia, o per citare l’allenatore Mourinho, prostituzione intellettuale. Di fatti, buona parte dei suddetti vegetariani si ritiene un’anima bella, pia rispetto al crudele mondo dei consumatori di carne. La frase che gli sento pronunciare più spesso è “io non causo sofferenza con la mia dieta”. Ma è bene che sappiano che tutti, tutti noi occidentali nati nella parte di mondo più ricca, per il solo fatto di esistere creiamo sofferenza a migliaia di chilometri di distanza. Non conosco un solo vegetariano che giri scalzo, coprendosi con foglie di palma e che rinunci agli ultimi ritrovati tecnologici, anzi sembrano i più dotati ed interattivi in tal senso, tant’è che sui social network fanno sentire chiara e forte la propria voce. Ebbene, quelle scarpe firmate probabilmente sono state fabbricate da un bambino di Hong Kong che lavora in una cantina buia sedici ore al giorno, rinunciando coattamente a quelli che sono i diritti basilari dell’Essere umano. Per creare quel cellulare hi-tech è stato bruciato del petrolio che ha inquinato l’aria, compromettendo la salute dei fenicotteri migratori, e probabilmente parte del petrolio prelevato per rimpiazzare quello utilizzato per il cellulare, è fuoriuscito incontrollatamente a seguito dell’esplosione della piattaforma della British Petroleum nel golfo del Messico, creando la marea nera che ha ucciso milioni di pesci ed ha avvelenato la fauna che di quei pesci si cibava. Ma di questo i vegetariani non parlano mai, per lo stesso motivo per cui non vanno a vedere come vivono e come muoiono gli animali da reddito, accontentandosi del santone-moralizzatore di turno, oppure, in questo caso della Brambilla, la politica-imprenditrice, figlia di produttori di acciaio (settore industriale non esattamente rispettoso dell’ambiente), attuale commerciante di prodotti ittici, paladina degli animali part-time, che probabilmente pensa che la sua ricchezza, giunga senza l’altrui sacrificio e senza l’altrui sofferenza, come in un Giardino dell’Eden visibile solo ai suoi occhi di anima bella.