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Pocos, locos y mal unidos

di Giuseppina Sias

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La famosa denominazione dei sardi come “pocos, locos y mal unidos” (pochi, matti e disuniti) viene solitamente attribuita a Antonio Parragues de Castillejo, vescovo di Cagliari, che l'avrebbe utilizzata riferendosi alla aristocrazia sarda. I sardi non sono mai stati matti, ma alcune volte e su molti fronti, ammetto che siamo veramente disuniti.

Dopo aver lanciato la mia iniziativa, contro la proposta di legge “che vieta l’abbattimento, la macellazione, nonché l’importazione e l’esportazione di animali di età inferiore a sei mesi, la vendita e il consumo delle loro carni”, con l’hastag #boicottachiboicottalagnello sono nati numerosi altri slogan da: sabotate chi sabota a #iomangiolagnello. Perché, invece, chiedo a tutta la categoria, non ci siamo uniti tutti sotto uno stesso slogan? E perché non abbiamo cooperato al fine di manifestare tutta la nostra contrarietà verso una proposta di legge sciocca e insulsa? Perché il Consorzio dell’ Agnello IGP, si è totalmente rilassato e non ha portato all’attenzione di tutti i media nazionali il valore del prodotto che esso stesso dovrebbe salvaguardare? Perché l’assessore regionale all’Agricoltura, non ha proferito verbo al fine di promuovere e sostenere tutte le aziende zootecniche sarde?

Ecco cosa manca alla Sardegna: l’agire insieme, il cooperare per portare avanti uno stesso obiettivo. E non parlo solo dal punto di vista agroalimentare. Ma questa “disomogeneità di pensiero” si può trovare in vari settori, sia per quanto riguarda l’industria che l’artigianato. Noi Sardi, sappiamo quanto per noi sia dura andare avanti. Quanti sacrifici facciamo per poterci raffrontare con i nostri connazionali oltremare. E quanto siamo fieri di rappresentare la nostra Regione ovunque, sia a livello europeo che a livello mondiale. Questo dovrebbe spingerci a cooperare tutti insieme. A fondare una nuovo motto di ribellione, al fine di rialzare il capo, raddrizzare la schiena e dire: basta.

Basta, contro uno Stato che non aiuta, non incentiva le nostre aziende e le nostre produzioni, ma anzi opera e ostacola il nostro lavoro e la nostra buona volontà ad affermarci. Oggi, nel giorno della festa di tutti i sardi, elevo il mio invito a tutti i pastori isolani che, dopo anni di rassegnazione, di obbedienza, per troppo tempo usi a piegare il capo subendo ogni genere di soprusi, di fronte all'assenza di una classe politica che non li tutela e che non si accorge del pastore se per l'occasione non sussiste una elezione, dovrebbero manifestare tutto il loro dissenso sotto uno stesso motto, con un’unica voce, e agire insieme al fine di portare a conoscenza in tutto lo Stato Italiano, ogni particolarità che essi producono, senza affidare l’organizzazione di tutto a quel titolare di questa o quell’azienda non agricola, ma portando avanti fieri e orgogliosi il loro lavoro, così da avere anche un ruolo economico diverso sia sui mercati italiani, che su quelli esteri, e quindi poter alzare un unico grido all’interno di tutti i luoghi del potere italiano. Se questo non avverrà in tempi brevi, allora continueremo a remare contro noi stessi.

Pastore sardu ammentadi chi ses forte e faghedi intendere dae tottus.

Bona die de sa Sardigna!

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