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Gavoi non sta a guardare. Reazione del paese all'intimidazione contro i Lai

Dalle finestre delle case a quelle di facebook: "il silenzio è mafia"

a cura della redazione
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I gavoesi reagiscono all’ultimo fatto di cronaca che li ha tristemente riportati sulle prime pagine dei giornali: l’intimidazione subita dalla famiglia di Stefano Lai, testimone chiave nella svolta delle indagini per l’omicidio di Dina Dore.

La casa colonica di proprietà della famiglia, è stata visitata da malintenzionati che hanno barbaramente ucciso il cane da guardia, sporcando con il sangue i muri esterni della costruzione tracciando una croce.

Un periodo duro per il paese, scosso per lo svolgersi del processo: udienze cariche di tensione, testimonianze che vengono smentite, e per ultima la richiesta di spostare il processo altrove da parte dei legali di Francesco Rocca.

La comunità reagisce fermamente all’atto intimidatorio. Da qualche ora appaiono sulle bacheche facebook delle immagini simbolo contro l’omertà: “il silenzio è mafia”. Contemporaneamente sui balconi delle case sventolano le lenzuola con la stessa scritta. “Un modo per far sentire vicinanza a chi affronta l’intimidazione ,e perché la ricerca della verità diventi battaglia comune, per esprimere il rifiuto e la condanna della comunità per quel che sta accadendo” scrivono dal comitato spontaneo “un incoraggiamento affinché chi sa, abbia il coraggio di parlare e chi ha sbagliato affronti le proprie responsabilità. Con la speranza che nessun innocente debba pagare colpe non proprie, e che alla paura dell'oggi prevalga l’orrore di lasciare ai propri figli un deserto sentimentale in cui crescere”.

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