OLZAI. Nella precedente puntata, abbiamo rievocato le principali vicende del cantiere dell’arginamento avviato il 1° maggio 1924 dal Genio Civile di Sassari: l’ufficio che aveva curato il progetto, l’appalto e tutti gli aspetti tecnici e finanziari dell’imponente opera pubblica, tramite i fondi statali previsti dalla “Legge per Olzai” del 1922.
Abbiamo visto anche con quanta dedizione e passione gli amministratori comunali vigilavano i lavori del cantiere, avanzando ulteriori proposte di miglioramento come la realizzazione di muraglioni, di parapetti e l’allargamento delle strade adiacenti il rio Bìsine.
Il sindaco Pietro Costantino Marcello intendeva conferire alla nuova opera una «utilità perpetua», mentre «gli Uffici competenti» si preoccupavano esclusivamente delle difficoltà finanziarie.
Alla fine, la battaglia sarà vinta dai tenaci amministratori olzaesi, capaci di protestare apertamente attraverso le deliberazioni della Giunta e Consiglio sfidando, non senza pericoli, le autorità statali superiori già dominate dal regime fascista. Regime che, nel biennio 1924-1926, aveva già eliminato il deputato Giacomo Matteotti, sciolto partiti politici e associazioni sindacali, soppressa la libertà di stampa, di riunione e di parola e istituito il confino per le persone sgradite al fascismo.
Anche nel piccolo villaggio di Olzai, il regime aveva allungato i suoi tentacoli, proprio due mesi prima dell’inizio dei lavori dell’argine nel rio Bìsine. Risale infatti al 9 marzo 1924 l’apertura di una sezione locale del “Partito Nazionale Fascista”. E, dalla primavera del 1927, il fascio avrà addirittura la sua sede in una stanza al piano terra del municipio, per controllare da vicino l’operato dei vari commissari prefettizi e podestà.
Ma, per nulla intimorito da eventuali ripercussioni, il coraggioso sindaco Marcello – amico fraterno dell’alto magistrato antifascista Giovanni Maria Dore (1871-1939) – dall’autunno del 1922 alla primavera del 1926 si recò più volte dal sotto prefetto del circondario di Nuoro per sollecitare i progetti e la realizzazione delle opere pubbliche promesse con la “Legge per Olzai”, ma anche per pretendere «chiarimenti e prendere gli accordi opportuni allo scopo di ottenere una pronta definizione alle pratiche in corso» come indicato, per esempio, nella deliberazione della Giunta n. 178 dell’8 settembre 1925.
Per non parlare delle ripetute sollecitazioni inoltrate alle autorità superiori per la realizzazione della strada Sedilo - Olzai e la mulattiera per Ollolai, e le vibranti proteste del sindaco Marcello per il «deplorevole smarrimento», da parte dei funzionari della Prefettura di Sassari, del progetto della piazza del municipio, tramite una vivace delibera del Consiglio comunale del 19 febbraio 1925, con la quale si pretendevano dal sotto prefetto del circondario di Nuoro accurate indagini «allo scopo di rinvenire i documenti relativi alla sistemazione della piazza pubblica».
Primavera 1926: i letamai e le nuove strade nelle sponde del rio Bìsine
Nella cronistoria dei lavori dell’arginamento, eravamo rimasti all’8 novembre 1925, quando il cantiere risultava ancora aperto e il Consiglio comunale reclamava al Provveditorato delle Opere pubbliche della Sardegna l’allargamento delle strade adiacenti e la costruzione dei parapetti anche «sulla riva sinistra» del rio Bìsine.
Il primo marzo 1926, dopo una lunga riunione, il Consiglio comunale decide di completare alcune opere di risanamento igienico «del nostro paese malarico», mediante la «costruzione di sette letamai igienici nei vari rioni dell’abitato e cioè Sant’Antonio, Elisèa, San’Anastasio, Fontana de Puddu, Costa de Cresia, Murui e Conca de Mussa».
Con lo stesso atto deliberativo n. 293/1926, il Consiglio – «considerando che venne già predisposto lungo gli argini del rio Bìsine recentemente costrutti l’inizio di un sistema di fognatura» – autorizza la Giunta comunale ad espletare le pratiche relative al progetto dei letamai e della fognatura.
Sempre nella stessa seduta, il Consiglio prende atto di una richiesta del sindaco Marcello, inoltrata al «Reale Genio Civile, perché la strada ordinaria che dovrà condurre il limitrofo territorio di Sedilo attraverso la regione Lochele, parta da un lato dell’arginamento del Rio Bìsine nella località Malamureddu [è l’attuale via avvocato Giovanni Dore]» e osserva che «sarebbe necessario, per maggiore comodità dei due prossimi rioni, Sant’Antonio e Serra de Conza ed anche per esercitare la vigilanza indispensabile alla regolare conservazione degli argini, aprire un’altra arteria nella riva del fiume opposta a quella ove dovrà svolgersi la via ordinaria per Sedilo». Pertanto l’assemblea - «ritenuto che le proposte del Sindaco meritano approvazione incondizionata» - delibera di affidare alla Giunta l’incarico per la compilazione di un progetto di sistemazione della via Taloro e «per l’apertura di una via lungo una riva del rio Bìsine dal punto inferiore fino alla strada Malamureddu»: è il tratto inferiore dell’attuale via Arginamento, dall’incrocio con la via Taloro e piazza “Su nodu Mannu” fino alle scalette di via delle Concie.
L’11 maggio 1926, con la firma dell’ultima delibera del Consiglio comunale n. 307, si conclude il mandato del sindaco Pietro Costantino Marcello, che riprenderà a tempo pieno la sua attività artigiana di falegname, e inizia l’epoca del podestà. Anche a Olzai, entra in vigore la Legge n. 237 del 4 febbraio 1926 che aboliva le elezioni comunali e sopprimeva tutte le funzioni precedentemente svolte dal sindaco, Giunta e Consiglio comunale.
L’arrivo del podestà Efisio Mesina: la fognatura con lo scarico nel rio Bìsine
Il 27 maggio 1926, il dottor Efisio Mesina firma la sua prima delibera, delegando la supplenza delle funzioni podestarili al «Nobile Cardia Don Giuseppe fu Sisinnio, possidente di questo Comune e di anni sessantanove quale persona di specchiata probità, e coltura non comune».
Avendo svolto per lungo tempo la professione di medico chirurgo, il podestà Mesina non poteva trascurare la salute dei suoi concittadini ancora tormentati dalla malaria.
E allora, «vista l’assoluta necessità della costruzione di una fognatura nell’area dell’abitato non solo per riguardo all’igiene ma principalmente perché si raccolgano le acque che dovranno emanare dalle fontanelle dopo la costruzione dell’acquedotto, di prossimo appalto» e ritenuto che «l’urgenza di tali opere è basata non solo sulla costruzione dell’acquedotto ma altresì, e più, nella attuale e continuativa costruzione dell’arginamento del rio Bìsine in cui dovrà sboccare la fogna», con delibera n. 6 del 10 giugno 1926, decide di inoltrare una domanda al Provveditorato delle Opere pubbliche della Sardegna per «la costruzione nell’area del Comune di Olzai di una fognatura che abbia lo sbocco lungo il rio Bìsine». All’epoca i depuratori non erano certo di moda!...
È comunque evidente che, alla fine del mese di maggio del 1926, il cantiere dei lavori dell’arginamento risultava ancora aperto.
Estate 1926: conclusione dei lavori dell’arginamento e il progetto dei pubblici lavatoi «coperti»
Il 7 agosto 1926, il podestà Mesina, mentre istituisce nel Comune di Olzai la IV e V elementare con la nomina di due maestri, riprende in mano la deliberazione del Consiglio comunale n. 248 del 1° febbraio 1924 che riguardava il progetto dei lavatoi pubblici. E considerato «che coll’arginamento del Rio Bìsine verrà a mancare totalmente alle famiglie del paese la possibilità di lavare la biancheria domestica nelle acque del detto ruscello che scorre entro l’abitato» e che «per la scarsezza o mancanza totale di tale acqua, l’intera popolazione trovasi costretta a servirsi per la lavatura dei panni nelle acque inquinate dei pozzi e dei rigagnoli che scorrono in prossimità dell’abitato e che costituiscono fonte e veicolo delle malattie infettive che funestano permanentemente questo paese, specialmente durante la stagione estiva», con delibera n. 28/1926 decide di «costruire nel Comune due pubblici lavatoi coperti nelle località denominate Su Ponte Susu e Su Ponte de Serrone oppure in quelle località ove il Genio Civile crederà più opportuno».
I lavatoi all’aperto nei ruscelli del popolato di Olzai
Nonostante la deliberazione n. 28/1926 del podestà Mesina, non si hanno notizie nè di progetti, né della costruzione di pubblici lavatoi «coperti», anche perché non fu conferito alcun incarico, come riferiva l’ingegnere Antonio Forteleoni di Luras (1873-1942) con una lettera inviata al Comune di Olzai il 7 maggio 1928.
Vero invece che, anche negli anni successivi la canalizzazione del rio Bìsine nell’arginamento e, addirittura, sino alla prima metà degli anni Settanta, le massaie di Olzai utilizzavano diversi lavatoi all’aperto.
Secondo la testimonianza della signora Maria Grazia Lunesu, classe 1936 – resa il 12 ottobre 2014 all’attuale archivista del Comune Ilenia Carta – i lavatoi all’aperto più frequentati si trovavano “in su rivu de zia Clara” (a valle dell’attuale ponte di “Nigorio”), “in su riveddu de Isazzai”, vicino al rione di “Conca de Mussa” e, più a valle, “in su riveddu de Ogozzi”; ma anche “in su rivu de Sant’Antoni a Luhunniri”, “in su rivu de Malamureddu” e, infine, “in su ‘Aminu ‘e su rivu”: il ruscello che scorre sotto il ponte di Elisèa e l’attuale via Eleonora d’Arborea.
Ma l’acqua più abbondante e pulita per lavare coperte, lenzuola e tovaglie si trovava vicino alla campagna di “Laro”, precisamente nel mulino di “Omeddai” degli eredi del signor Antonio Satta (1849-1919) dove scorreva il fiume Taloro prima della costruzione della diga.
Prima dell’alluvione del 1921, il bucato si poteva lavare anche a “Su ponte de susu”, nell’orto di “Torevadda” (dal nome del rettore Giovanni Fadda, parroco di Olzai dal 1681 al 1700), ovvero nella deviazione del ruscello che, a metà dell’Ottocento, alimentava un mulino idraulico di proprietà di un certo Satta.
Sino alla completa realizzazione delle reti idriche e fognarie urbane e all’arrivo ad Olzai delle moderne lavatrici “Candy” e “Zoppas”, l’esigenza di poter utilizzare dei lavatoi pubblici era molto sentita dalla popolazione. Un’esigenza che ha impegnato l’amministrazione comunale sino a quarant'anni fa.
La questione del lavaggio della biancheria domestica aveva sicuramente infuocato il mandato amministrativo del sindaco professor Aurelio Satta (1919-1974) quando, nell’estate del 1954, si ritrovò il municipio occupato da «un gruppo di circa quaranta donne» e, sulla scrivania, una petizione firmata da numerose massaie del rione “S’Arreconza” contro uno dei proprietari dei fondi rustici confinanti il rio “Malamureddu”. Costui, sostenuto dal brigadiere dei Carabinieri (certo Di Placido), voleva impedire l’accesso e l’uso pubblico delle acque del ruscello, minacciando di «sobillare la popolazione».
La vicenda assunse «aspetti sempre più spiacevoli». Ma, dopo gli opportuni accertamenti d’ufficio e anche per comprensibili ragioni d’igiene e di ordine pubblico, il 16 luglio 1954 il sindaco Satta firmò un’ordinanza per garantire il libero accesso al rio “Malamureddu” e l’uso delle acque del medesimo ruscello «per lavare indumenti», riconoscendo così i diritti acquisiti e le ragioni delle agguerrite casalinghe di “S’Arreconza”.
Il podestà istituisce la figura del “sorvegliante” dell’arginamento
Alla fine del 1926, i lavori del nuovo arginamento sembrano conclusi. Il giorno di San Silvestro dello stesso anno, nel municipio di Olzai non si parla più di continuazione dei lavori o progetti di completamento dell’arginamento, ma della sua manutenzione, pulizia e sorveglianza.
E infatti, con delibera n. 74/1926, il podestà Efisio Mesina «visto gli abusi che commettono lungo la riviera dell’arginamento del Rio Bìsine, tanto all’esterno lungo gli argini quanto all’interno, colle immondezze. Considerato che l’obbligo di provvedere alla sorveglianza, per la manutenzione dell’opera, è riservata a questa Amministrazione comunale», delibera «la nomina di un sorvegliante nella persona del concorrente Mameli Giovanni Antonio [1895-1981] di questo Comune».
Dietro il compenso annuale di 600 lire, il sorvegliante aveva l’obbligo di provvedere alla «pulizia interna dell’arginamento consistente sul rimuovere pietre e immondezze… così pure alla rimozione della sabbia quando questa possa ostacolare e formare, lungo i pozzetti, depositi di acqua non corrente e alla sorveglianza della parte esterna, affinché alla distanza di metri 3,50 dalla muratura non vi siano materiali di ingombro di qualunque natura». L’incaricato era «tenuto anche alla sorveglianza e pulizia degli scoli dell’acqua, in numero di tre, lungo l’argine e questo fino a quando non siano eseguiti i lavori di fognatura».
Il 2 gennaio 1927 viene istituita la provincia di Nuoro con Regio Decreto Legge n. 1/1927 e il successivo 23 febbraio finisce l’incarico del podestà Efisio Mesina. In municipio arriva il commissario prefettizio Pasquale Bussalai.
Il nuovo “sorvegliante” dell’arginamento: lo straordinario dipendente comunale Filippo Nuvoli, uno dei leggendari “Ragazzi del ‘99”
A seguito della revoca dell’incarico al signor Giovanni Antonio Mameli, il 4 luglio 1927 il commissario Bussalai affida il servizio di sorveglianza dell’arginamento al messo comunale Filippo Nuvoli (1899-1979), con un compenso aggiuntivo di 200 lire annuali.
Il signor Filippo Nuvoli – per tutti “ziu Silippu” – è stato uno dei dipendenti “tuttofare” più fedeli e stimati della storia del municipio di Olzai, e pertanto più che meritevole di un ricordo, ricorrendo, quest'anno, il centenario dello scoppio della prima Guerra Mondiale.
Era, infatti, uno dei 265 mila leggendari “Ragazzi del ‘99”, l’ultima leva dei giovani soldati italiani della classe 1899, arruolati nell’Esercito dopo la disfatta di Caporetto e schierati nelle trincee della Grande Guerra. Figlio del cantoniere Francesco Nuvoli di Mores e dell’olzaese Anna Maria Madeddu, Filippo Nuvoli era nato nel rione “Su Puzzu” il 3 settembre 1899. Rientrò a casa con una mutilazione e, per lungo tempo, fu presidente della locale associazione degli invalidi e mutilati di Guerra.
Il 1° gennaio 1926, all’età di 27 anni, era stato assunto in via provvisoria alle dipendenze del Comune di Olzai con la qualifica di inserviente, messo comunale, vigile urbano e altri incarichi. Nel 1929 era stato inserito nella pianta stabile del municipio, svolgendo innumerevoli servizi.
Nel marzo del 1930 venne nominato anche “Agente Daziario” per la riscossione delle imposte di consumo e il controllo degli esercizi pubblici e bevande alcooliche, vini e carni introdotte anche dai privati nel territorio comunale. L’anno successivo, si sposò con la signora Paolica Morisano (1905-1991), dalla quale avrà sette figli.
Nell’estate 1936, quando ancora non esistevano i servizi sociali comunali, svolse persino le funzioni di «accompagnatore» dei bambini di Olzai alle «Colonie estive del Partito», dietro un rimborso delle spese di viaggio, da lui stesso anticipate, di 149,20 lire.
All’epoca non funzionavano le corriere postali, e allora “ziu Silippu” assunse gratuitamente anche il ruolo di fattorino – portalettere. E per questo servizio di primaria importanza, nell’ottobre del 1935, il podestà Giovanni Giuseppe Dore (1886-1950) decise di premiare il dipendente con l’assegnazione di un sussidio straordinario di 300 lire. Senza mai lamentarsi, andava a piedi a ritirare la corrispondenza fino al bivio di “Badu ‘e Orani”, a 7 km dall’abitato, nonostante i gravi postumi di deambulazione riportati dalla guerra. Solo per il trasporto dei pacchi più pesanti e voluminosi, utilizzava saltuariamente un mulo del signor Giovanni Raimondo Meloni (1891-1958).
Nella primavera del 1938 – per due settimane, percorrendo a cavallo un itinerario giornaliero di 30 km insieme al compaesano Antonio Moro (1896-1974) – eseguì il controllo del «bestiame armentizio», ricevendo un compenso di 150 lire. Sempre per la riscossione delle imposte sul bestiame, nel 1941 e 1944, eseguì «diligenti ed accurate indagini» per il controllo del «bestiame forestiero proveniente da altri comuni» arricchendo la cassa del comune di «un gettito notevolmente maggiore delle annate precedenti».
Dalle quotidiane maratone sino “Badu ‘e Orani” per ritirare la corrispondenza, alle pericolose perlustrazioni a cavallo negli ovili e campagne olzaesi – evocando quasi i leggendari sceriffi del Far West –, nel 1944 Filippo Nuvoli passa a mansioni di scrivania e, in particolare, quelle di «copista» sino all’anno 1952.
Pur remunerato solo con lo stipendio di «scrivano», svolgeva anche funzioni di dattilografo e segretario della scuola «sin dalla data di istituzione delle scuole di avviamento»: 1° ottobre 1960. Per questi motivi, il 21 novembre 1964, venne «promosso d’ufficio al posto di Segretario Dattilografo della Scuola Media» dall’Amministrazione comunale guidata dal compianto sindaco Ignazio Falconi (1925-1968).
Durante il lungo servizio prestato alle dipendenze del Comune di Olzai, Filippo Nuvoli non aveva «mai chiesto né usufruito al diritto del mese di ferie annuali, tanto era ed è il suo attaccamento al lavoro ed al desiderio di dare al bilancio del comune una economia, per non assumersi personale straordinario», come evidenziato nella delibera del Consiglio n. 28/1964 relativa alla promozione d’ufficio del dipendente «per provato merito».
Dopo aver prestato la sua opera «in maniera lodevole e soddisfacente, dal giorno della sua prima assunzione» e con «la massima riconoscenza espressa dalla popolazione tutta che da tutte le Amministrazioni che si sono succedute», il signor Filippo Nuvoli fu collocato a riposo il 1 maggio 1965 dopo 39 anni di encomiabile servizio.