Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Unu meledu piticu piticu a pustis de unu biazu longu

Condividi su:

Essere aperti al mondo: al suo respiro al suo frastuono ai suoi drammi. Per abitarlo, il mondo. Per visitarlo conoscerlo apprezzarlo amarlo. Nelle sue ricchezze ambientali. Nei giacimenti delle sue infinite e immani biodiversità. Nei suoi tesori archeologici, artistici e letterari.

Nelle sue differenze-specificità-peculiarità: ad iniziare dalla pluralità delle sue culture e lingue. Non solo di quelle imperiali: vieppiù fredde, commerciali e burocratiche, vieppiù liquide e gergali, invertebrate e povere, al limite dell’afasia: che certo indossano cravatta e livrea ma rischiano di essere solo dei manichini.

Ma anche e soprattutto di quelle “minori”, di quelle “native”, ancora libere, vere, indipendenti, ricche: istinto e fantasia, passione e sentimento. Lingue i cui lemmi che le compongono, prima di essere un suono sono stati oggetti, oggetti che hanno creato una civiltà, oggetti che hanno creato storia, lavoro, tradizioni, letteratura, cultura. E la cultura è data dal battesimo dell’oggetto.

Nella diversità delle sue infinite etnie: 54 nel solo Vietnam, ultima tappa del mio viaggio. Etnie spessissimo oppresse, perseguitate, misconosciute (come la nostra Sardegna) dagli Stati ufficiali, dai nuovi leviatani statali. Etnie alla ricerca della libertà, dell’Autonomia e dell’Autodeterminazione, a cui deve andare tutta la nostra solidarietà, come Sardi intendo. E aiuto.

Condividi su:

Seguici su Facebook