Letto in maniera distorta, lo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo di carne rossa rischia di creare un allarmismo deleterio per un settore chiave del Made in Italy a tavola, che conta 180mila posti di lavoro e vale 32 miliardi di euro, un quinto dell’intero agroalimentare tricolore.
Per avere il parere di un esperto, abbiamo contattato il professor Giorgio Calabrese – noto scienziato dell'alimentazione – secondo cui “l'utilizzo moderato della carne è solo salutista; i problemi insorgono se c'è un abuso, come per ogni altro tipo di alimento. E noi italiani di certo non abusiamo nei consumi di carne. Le statistiche indicano che consumiamo mediamente dai 70 ai 100 grammi di carne (sia rossa che bianca) 2 volte a settimana, più 25 grammi di insaccati a settimana. Siamo sicuramente al di sotto del limite minimo, il problema è dei paesi anglosassoni in generale, la cui dieta prevede la carne, il bacon e gli hot dog fin dal mattino. Loro sì che hanno un'incidenza doppia nelle casistiche di tumore al colon rettale. Semmai – specifica Calabrese – può incidere maggiormente sulla salute il modo in cui viene cucinata”.
In ogni caso il nostro Paese, grazie al consumo della carne collocato perfettamente all’interno della dieta Mediterranea, ha il primato di longevità, con 84,6 anni per le donne e i 79,8 anni per gli uomini. Le carni Made in Italy sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni, a differenza di quelle americane, e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. E per gli stessi salumi si segue una prassi di lavorazione di tipo naturale a base di sale. Inoltre, al contrario di altri paesi, in Italia i controlli sugli allevamenti vengono disposti dal Ministero della Sanità e non dal Ministero dell'Agricoltura. Siamo il paese con maggiori garanzie sulla salubrità che, fra l'altro, hanno un costo molto elevato per gli allevatori.