Il polo tessile è morto. Il funerale si è consumato il 20 novembre 2012 in un angusto ufficio dell'Assessorato regionale all'industria. Hanno assistito a questo triste rito gli imprenditori della Ft Calze, imprenditori si fa per dire, pochi sindacalisti ormai senza lavoro perchè non ci sono più vertenze da difendere, un piccolo e rassegnato manipolo di lavoratori e per pochi istanti l'Assessore, per sottolineare ancora una volta l'assenza della regione nella gestione di questa storia.
Il 20 novembre si sgretola l'ultimo tassello del settore tessile di cui rimangono ormai solo macerie, fabbriche chiuse e il dramma dei lavoratori e delle lavoratrici, così ben descritto da Katy Contini nelle "riflessioni di una cassaintegrata."
Mai abbiamo usato parole così dure e mortificanti per descrivere un fatto che distrugge definitivamente le speranze ma soprattutto il futuro degli ultimi 70 operai , di cui l'80% donne, che presidiavano ancora un settore che per anni è stato il volano dell'economia reale della Sardegna centrale. Tirsotex poi Legler, Marfili, Calzificio Queen, Ft Calze, Alsafil le croci di questo cimitero. Tossilo/ Macomer, Ottana, Siniscola, le aree industriali coinvolte o meglio le stazioni della Via Crucis del tessile. 2000 lavoratori, altre 600/700 dell'indotto, in questi ultimi anni hanno perso il lavoro, e con il lavoro la dignità di cittadini. Scompare un disegno di sviluppo, un progetto, un distretto, vengono cancellate tante professionalità e importanti competenze. Un deserto, non c'è un'altra parola per descrivere meglio questa situazione.
Le cause. La cosiddetta globalizzazione, una produzione povera di valore aggiunto, la concorrenza dei paesi con basso costo di manodopera, la delocalizzazione, hanno certamente accelerato la crisi. Ci sono poi le note diseconomie: trasporti, energia, credito, burocrazia e servizi generali carenti e inefficienti. In questi decenni la Regione, le Istituzioni, la politica non sono riuscite a dare soluzione a questi fondamentali problemi. Da decenni si parla di ridurre i costi dell'energia e dei trasporti, di dare efficienza alla pubblica amministrazione, di rendere più agevole l'accesso al credito. Niente si è fatto per eliminare queste diseconomie. E' il fallimento della classe dirigente che ha governato la Sardegna in questi ultimi decenni. Solo qualche Consigliere regionale ha fatto proposte, indicato soluzioni. E' rimasto in solitudine. Rimane però il fallimento di un processo industriale basato su interventi affidati quasi esclusivamente a una imprenditorialità esterna e sugli aiuti pubblici concessi quasi sempre senza efficaci controlli e senza le opportune verifiche dei risultati conseguiti..
Non è certamente indenne la stessa componente imprenditoriale che si è preoccupata solo di produrre e non di innovare il prodotto e la tecnologia. Una stretta collaborazione con i centri di ricerca e con le università sarde avrebbe aperto, al settore tessile in particolare, prospettive diverse e stimolato la creazione di nuovi prodotti impostati sulla qualità e sulla competitività . Diciamola tutta, nel tessile è mancato un piano di sviluppo produttivo e aziendale di ampio respiro, a lungo termine. E' mancato un disegno di politica industriale di settore che guidasse e coordinasse un percorso più attento alle esigenze di mercato e a modelli produttivi che richiedevano soprattutto diversificazione produttiva, competitività e innovazione.
L'ultima considerazione riguarda il silenzio istituzionale e politico che ha accompagnato la chiusura della Ft Calze. Nessuna importante e significativa iniziativa, salvo l'intervento pur autorevole di qualche rappresentante politico locale. Nel Sulcis abbiamo assistito ad una mobilitazione corale del popolo di quel territorio segnata dall'arrivo di alcuni qualificati ministri e dalla proposta di un piano di sviluppo alternativo che andasse oltre la difesa dell'esistente. Anche da noi è necessario che il Governo, la Regione Sardegna si muovano con lo stesso impegno e nella stessa direzione. Dice un sindacalista "La copertura degli ammortizzatori sociali sta finendo. Nel Centro Sardegna si sta innescando una bomba sociale e la rabbia di chi ha perso il lavoro finirà di esplodere in modo inatteso e imprevedibile. Anche da noi ci sono disperazione e dignità calpestata. E' arrivato il momento di intervenire."