Sia in epoca romana (III sec. a C. – V sec. d.C.) che durante la dominazione catalano-aragonese e spagnola (XV-XVIII sec.) le foreste, i boschi e le macchie della Sardegna subirono l’attenzione della scure per ragioni sostanzialmente economico-speculative.
Sicuramente, però, è stato l’800 il secolo nel quale la copertura forestale isolana ha subito le peggiori e più pesanti devastazioni: dall’Editto delle chiudende (1820) all’abolizione del feudalesimo (1835-1843), alla creazione della rete ferroviaria (1865), questi sono i momenti storici nei quali il disboscamento della Sardegna creò le condizioni per l’attuale situazione diffusa di rischio idrogeologico.
Fra il 1820 e il 1883 le foreste della Sardegna vennero abbattute per i quattro quinti, con un picco nel 1847.
Con i primi decenni del ‘900, fra mille difficoltà , prima lo Stato, poi la Regione autonoma della Sardegna, attraverso la gestione del Corpo forestale e dell’Azienda Foreste Demaniali (oggi Corpo forestale e di vigilanza ambientale e Ente foreste della Sardegna), hanno portato avanti una strenua attività per la ricostituzione del patrimonio forestale isolano, in particolar modo nell’ambito delle Foreste demaniali.
Di grande rilievo è la ricostituzione del bosco ad alto fusto dal precedente ceduo.
Oggi la Sardegna è la prima regione italiana per superficie forestale (1.213.250 ettari, il 50,36% dell’Isola), secondo l’Inventario nazionale foreste e carbonio, anche se in buona parte si tratta di macchia mediterranea evoluta e bosco misto a macchia.
Ora, però, sembra prossima una drastica inversione di tendenza, potenzialmente negativa per le foreste demaniali sarde.
Infatti, l’Ente foreste della Sardegna, con la redazione dei piani forestali particolareggiati di tredici complessi forestali, predisposti dall’A.T.I. D.R.E.AM. Italia – R.D.M. Progetti, ha avviato un nuovo utilizzo dei boschi sardi. L’obiettivo dichiarato è quello della gestione forestale sostenibile, ma alcune scelte segnalate appaiono in palese contrasto, come quella della ripresa del governo a ceduo di centinaia di ettari di boschi, in particolare nelle foreste demaniali di Is Cannoneris e del Marganai. Sarebbe solo il preludio di quanto si vorrebbe fare anche nelle altre foreste demaniali.
La retrocessione a ceduo di ampie superfici di bosco e la conseguente ripresa dei tagli boschivi servono alla produzione di banale legna da ardere e biomassa?
Sarebbe una follìa e un ritorno al passato del quale la Sardegna non ha minimamente bisogno: auspichiamo una rapida presa di posizione da parte della nuova Giunta Pigliaru per la salvaguardia delle foreste demaniali.