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Il settore bovino si sposta in montagna e conferma Arborea patria del latte

Le trasformazioni del settore nell'analisi dell'Ara Sardegna

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In trent'anni è stata rivoluzionata la geografia e l'allevamento bovino sardo. E' quanto emerge da una analisi approfondita del settore da parte dell'ufficio studi dell'Ara Sardegna.

Come riscontrato per gli ovini le innovazioni e la professionalizzazione del settore hanno prodotto da una parte il dimezzamento degli allevatori e il raddoppio dei capi per allevatore, dall'altra un riposizionamento geografico della presenza dei bovini nel territorio sardo, inversamente proporzionale a quello delle pecore: è aumentato il numero nelle zone interne e collinari (addirittura del 63% in Ogliastra) e dimezzato in pianura Carbonia Iglesias (- 65%).

“Dall'elaborazione dei numerosi dati in nostro possesso e ad alcuni raccolti dall'Istat – racconta il presidente di Ara Sardegna Sandro Lasi – riusciamo a tracciare i cambiamenti avvenuti negli anni nel settore bovino. Dal 1982 al 2010 abbiamo perso il 52% degli allevatori, 8.404 per la precisione, essendo passati da 16.256 agli attuali 7.852. Dato che – spiega - da un'analisi attenta, ottiene la risposta dal contemporaneo raddoppio del capi ad azienda. Se infatti nel '82 ogni allevatore aveva in media 17,2 mucche oggi siamo saliti a 32,1. Questo significa che anche questo settore come quello ovino (dove i pastori sono diminuiti del 35% con gli ovili che hanno in media 239 pecore rispetto alle 121 dell'82), si è professionalizzato, aumentando le produzioni. C'è anche da sottolineare che pur non seguendo lo stesso trend dell'emorragia degli allevatori, sono comunque diminuiti anche i capi del 12% (35.803), da 287.765 dell'82 a 251.962 del 2010”.

“L'aspetto più interessante emerge dalla comparazione dei dati degli ovini e dei bovini che arrivano dalle otto Provincie – spiega il direttore di Ara Sardegna Marino Contu -. Emergono importanti spostamenti geografici degli animali dai quali evinciamo le strategie degli allevatori isolani che, in linea generale, hanno deciso di stanziarsi in pianura, abbandonando la montagna, dove invece si è investito sui bovini di razze rustiche”.

Nel periodo preso in esame infatti (dall'82 al 2010) nelle provincie di montagna il numero degli ovini è in decremento come in Ogliastra (-23%) mentre la provincia di Nuoro ha perso il primato della presenza delle pecore (cresciute in numero solo dell'0,3% da 659.752 a 679.326) a favore del sassarese, dove si è avuto il boom: + 46% (da 598.339 a 875.204). Ma il numero di pecore è cresciuto in modo esponenziale anche  nel Medio Campidano (+79%) e Oristano (+47%).

Contemporaneamente in questi stessi territori la crescita o la diminuzione della presenza bovina è stata inversamente proporzionale. Nel  territorio nuorese sono cresciuti del 18% (da 44.283 a 52.167) mentre in Ogliastra sono quasi raddoppiati (+63%): da 10.321 a 16.871. Nel Medio Campidano invece se ne sono persi il 40%; il 29% a Sassari e il 65% a Carbonia – Iglesias.

“Ad accompagnare e incentivare l'incremento dei bovini nelle zone interne sono state anche le misure del psr (piano di sviluppo rurale) sulle razze rustiche – ricorda Marino Contu -. Esempio virtuoso, come quella sul benessere animale, di iniziative politiche che leggono intelligentemente i cambiamenti e le trasformazioni del comparto”.

Diverso il discorso da riservare per le provincie di Oristano e Gallura.

Nel primo caso la crescita dei capi dell'11% (da 57.314 a 63.901) che ha consentito al territorio di vantare il primato strappandolo a Sassari che dal 2010 invece ne ha perso il 23% (68.721 – 48.786), smentisce solo apparentemente l'analisi dello spostamento in montagna con l'abbandono delle pianure da parte degli allevatori di bovini.

“E' un territorio che fa storia a se – dice il presidente Sandro Lasi -, essendoci Arborea, la capitale sarda nella produzione del latte vaccino. La sua organizzazione nell'allevamento e la presenza della cooperativa 3A, che lavora il 90% del latte di vacca (191milioni di litri), rappresentano una locomotiva per il settore”.

L’allevamento bovino da latte (di razza Frisona e Brown Swiss) conta in totale 33.505 capi, ed è presente in 1.247 aziende, riconducibili a due tipologie: la prima (33% delle aziende, 63% dei capi allevati) comprende allevamenti specializzati, la seconda numerose aziende di dimensioni minori.

Diverso il caso Gallura patria dei bovini da carne, dove però nel 2010 si riscontra una perdita del  numero dei capi del 35% (57.064 – 36.969). “E' da imputare alla lingua blu – secondo Marino Contu –. Il blocco della movimentazione ha penalizzato realmente tutto il territorio, e questi dati ne sono la testimonianza. Sicuramente – precisa ancora – se li aggiornassimo ad oggi, con lo sblocco della movimentazione e con tempestivi interventi di tipo politico (legge acquisto riproduttori razze da carne), potremmo verificare una ripresa del numero dei capi e il riposizionamento del settore ai vertici della zootecnia nazionale”.

L’allevamento bovino da carne (in prevalenza meticci e razze autoctone) è caratterizzato da un’elevata polverizzazione e dalla conduzione estensiva della linea vacca-vitello.

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