Partecipa a labarbagia.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

L'insostenibile peso dell'incertezza continua: burocrazia e riforme nel dibattito dell'associazione Nino Carrus

"La burocrazia è una cultura da sradicare": politica e società a confronto su una riforma necessaria

Condividi su:

MACOMER. Riformare la pubblica amministrazione, renderla efficiente, snella, funzionale: un tema sempre attuale, a maggior ragione in momenti di grave crisi economica e sociale, nei quali nuove proposte di riforma si affacciano sia a livello statale che regionale. Questo il tema del dibattito svoltosi ieri nella sala del Centro di Servizi Culturali, nel quale hanno discusso, davanti a una sala gremita, importanti personaggi della vita politica ed economica sarda: Alberto Scanu e Battista Cualbu, rispettivamente a capo della Confindustria e della Coldiretti, Ignazio Ganga, segretario regionale della Cisl, Paolo Maninchedda, assessore regionale ai Lavori Pubblici nella nuova giunta guidata da Pigliaru. Ad animare il dibattito, organizzato dall'Associazione Nino Carrus, anche gli interventi di Maurizio Cossu e Antonio Del Piano, imprenditori macomeresi, e Michele Corda, sindaco di Noragugume e presidente del Consorzio Industriale della Sardegna Centrale. Moderatrice, la giornalista Giovanna Maria Fossati.

In un Paese che si trova al 15° posto in Europa e al 65° nel mondo per qualità della vita rispetto alla burocrazia, la riforma della stessa diventa “un impegno per tutti, anche della società civile”, come ha affermato Fausto Mura, presidente dell'Associazione Nino Carrus introducendo il dibattito: “dopo decenni di annunci servono risposte concrete, la nostra è una denuncia forte contro un sistema che blocca lo sviluppo del Paese: è necessaria una 'guerra violenta' contro la burocrazia'”.

Di 'freno' ha parlato anche il sindaco di Macomer Antonio Succu, che nel saluto iniziale ha ricordato come “la burocrazia sia stata inserita dalla Comunità Europea tra i fattori più importanti per la produttività, al pari di ricerca e innovazione”. Secondo il sindaco, “la semplificazione deve partire anche dagli individui: anche nella sanità l'autotutela dei funzionari sta diventando un problema importante”.

“Serve la semplificazione delle norme, magari riunendole in Testi Unici, con regole chiare, semplici e non contraddittorie”, ha detto il presidente di Confindustria Scanu, “che devono essere valutate anche in base agli effetti concreti, non solo alla perfezione tecnica”. Secondo Scanu, inoltre, è necessario riformare la rigida organizzazione della Giunta: “competenze ingessate portano anche alla duplicazione del personale, bisogna superare la logica degli steccati, magari una geometria variabile consentirebbe di intervenire in modo più efficiente su un tema come le attività produttive, che ora sono divise fra diversi assessoratiù; serve un ragionamento di sistema, dando indicazioni strategiche che permettano anche a noi di sapere come muoverci;”.

Diverso il tema portato dal presidente di Coldiretti Sardegna Cualbu, che ha invitato a “non eccedere nella semplificazione” portando l'esempio dei disciplinari di produzione: “normare in modo dettagliato serve anche a proteggere i prodotti sardi, non chiediamo obbligo di acquisto in Sardegna ma almeno chiarezza nella provenienza die prodotti”. Cualbu ha parlato anche della necessità di una migliore difesa del settore da parte dell'Italia in sede europea.

Il segretario regionale della Cisl Ignazio Ganga ha invece affrontato il tema della necessità delle riforme politiche: “devono partire dal basso, non fatte dai governi, ma dai cittadini, il cui consenso è necessario: per questo abbiamo cercato il confronto con le imprese e le istituzioni”. Ganga ha anche ripreso la questione dell'organizzazione amministrativa regionale, parlando di una “macchina d'epoca pensata per problemi di 40 anni fa, le cui criticità vengono a galla naturalmente in un momento di crisi come questo”. La burocrazia, secondo Ganga, “serve più a perpetuare posizioni di potere che a risolvere i problemi di imprese e cittadini: forse servirebbero meno dirigenti e più funzionari”.

La giornalista Giovanna Maria Fossati, a questo punto, ha lasciato la parola alle testimonianze dirette da parte di operatori e politici del territorio.

Non sono mancati, come sempre, i riferimenti all'esperienza dell'Accordo di Programma, che secondo l'artigiano Maurizio Cossu “non è stato uno strumento pensato per aree in crisi”. La critica è rivolta soprattutto al Bic, l'ente regionale che ha gestito le pratiche del bando regionale, e che secondo Cossu è stato “incompetente e frenante, in un sistema che si è incartato perché è mancata la responsabilità: chi ha sbagliato non ha pagato ed è sempre stato 'peggio per noi'”. Cossu ha poi lanciato una richiesta forte alla politica: “è finito il tempo dei 'tavoli' di discussione, in questo territorio sono stati spesi milioni senza una strategia precisa e chiara: è arrivato il momento di pensare a cosa fare oggi, e la politica deve essere capace di fissare obiettivi credibili e darci una visione del futuro del Marghine, anche se il nostro destino deve essere quello di pattumiera di Sardegna, vogliamo saperlo e poterci organizzare”.

La necessità della scelta, di porre un limite alle estenuanti incertezze che condizionano, fino a sfinirle, le scelte e le azioni degli individui, è stato anche il tema dell'intervento dell'imprenditore Antonio Del Piano, la cui azienda ha recentemente chiuso lo stabilimento di Macomer che occupava 17 dipendenti in un'attività con ottime prospettive: “per anni banche e burocrazia ci hanno tenuto sul filo, mentre un 'No', secco ma chiaro, forse ci avrebbe evitato di fare così tanti sacrifici, impegnando risorse personali e coinvolgendo, purtroppo, anche i dipendenti che per mesi hanno fatto straordinari e rinunciato agli stipendi perché credevano nel progetto”. Le parole di Del Piano sono molto amare: “ci sentiamo svuotati dell'orgoglio e della dignità, abbiamo il vuoto intorno a noi come se fossimo degli appestati”.

A questo proposito è intervenuto Paolo Cherchi, vicedirettore del Bic, che ha cercato di dare una lettura diversa alla vicenda dell'Accordo di Programma per Tossilo: “il bando prevedeva il 65% di finanziamento a fondo perduto, ma in un sistema che funziona, purtroppo, a rimborso, era chiaro che solo chi poteva permettersi di anticipare le spese poteva andare avanti, e così è stato per le 67 aziende che sono riuscite a proseguire nel percorso”. Cherchi precisa: “non nego che da parte nostra ci siano state carenze, ma bisognerebbe anche chiedersi com'è possibile che questo territorio non sia  riuscito a sostenere un'iniziativa come quella di Del Piano, al quale noi avevamo concesso il finanziamento, ma che non ha trovato sostegno pur bussando a tante porte: com'è possibile che non sia riuscito ad andare avanti?”.

E' stato, quindi, il turno di Michele Corda, intervenuto nelle due vesti di sindaco di Noragugume e presidente del Consorzio Industriale della Sardegna Centrale: “come amministratori siamo costretti a usare il Mepa, andando incontro a trafile incredibili anche per spese minime, e in più da luglio dovremo avere una centrale unica di committenza per gli appalti, che sarà presso le Unioni dei Comuni: ma chi ce le può fare le pratiche, se non ci sono dipendenti?”. Le lungaggini burocratiche, ha detto Corda, fanno perdere tante occasioni e tanti soldi: “per un impianto fotovoltaico come Consorzio, a Bitti, ci sono voluti otto mesi solo per la prima conferenza di servizi, vanificando la possibilità di avere un'entrata di 500 mila euro annui”.

A trarre le somme della discussione è stato chiamato, infine, l'assessore regionale Paolo Maninchedda, che ha incentrato la prima parte del suo intervento sul rapporto con lo Stato centrale e l'annunciata riforma degli enti locali. “Per affrontare il tema della burocrazia bisogna conoscere quali sono i poteri che la governano: l'amministrazione pubblica è nata insieme agli Stati, ed era una rivendicazione della borghesia che aveva necessità di emanciparsi dal disordine del diritto locale”. Tuttavia, precisa Maninchedda, “la centralizzazione ha anche prodotto disastri, perché non sempre un potere lontano che si articola nei territori garantisce assenza di corruzione: per questo sono nati i poteri locali, ma io mi chiedo, vedendo quattro diversi livelli amministrativi che esistono e operano in modi diversi e anche discordanti, perché non possono essere solo i Comuni e le Regioni a gestire tutto?”. Secondo il leader del Partito dei Sardi, il tema è quello “della lealtà di prossimità: la riforma del titolo V della Costituzione vuole accentrare di nuovo tutto nelle mani dello Stato, ma siamo sicuri che questo sia una garanzia?”. Gli esempi della cattiva amministrazione statale, e di una buona gestione regionale, non mancano, secondo Maninchedda: “lo Stato ci ha lasciati soli a risolvere il disastro dell'alluvione, negando per la prima volta nella storia gli indennizzi alle imprese; allo stesso modo il governo non paga più la cassa integrazione, siamo costretti a spendere noi e senza sconti sul patto di stabilità”. Un ultimo esempio viene, invece, dalla rete stradale: “la Regione, in due anni di impegno sulla Sassari-Olbia, ha appaltato 11 lotti; la 131, invece, è gestita dall'Anas, e non aggiungo altro”. Infine, “i cantieri comunali, fermati dallo Stato per il blocco delle assunzioni, salvo poi scoprire che la Puglia è in deroga perché ha dei bravi parlamentari: non c'è più una lira, vince chi sa fare meglio il lobbying; l'Italia non è madre, ma matrigna”.

Un altro tema, inoltre, secondo l'assessore, è quello della 'variabile giudiziaria': “nel mio assessorato ci sono persone inquisite per omicidio colposo per una firma su un atto marginale, e io stesso devo stare attento perché sto ricapitalizzando Abbanoa con l'inchiesta giudiziaria aperta: la funzione di controllo sugli atti ha creato una nuova burocrazia parallela”. Maninchedda non nega, però, la necessità di riformare la macchina amministrativa regionale, partendo dalla struttura della Giunta: “si possono cancellare gli assessorati, istituendo direzioni generali, e lasciando al Presidente della Giunta il compito di costruire le deleghe; ma così colpiremo posizioni consolidate e so già che verremo fermati, perché la pubblica amministrazione in Sardegna è anche stato sociale”.

“Il nostro problema”, continua Maninchedda, “è aumentare la produzione di ricchezza senza consumare il territorio”. A questo proposito, l'assessore rilancia una legge sugli appalti che favorisca le imprese sarde: “quella fatta da noi nel 2007 fu bocciata, ora cerchiamo di rifarla in altro modo, con premialità legate a un registro di solidarietà civile, riservato alle aziende che intervengono gratuitamente nelle situazioni di necessità o emergenza e che, naturalmente, saranno soprattutto sarde”.

Maninchedda parla, quindi, anche di Macomer e del territorio: “la battaglia da fare è non perdere i soldi dell'Accordo di Programma: possiamo pensare di rimodulare l'utilizzo dei fondi, ma non dobbiamo perdere nulla”. La visione d'insieme, spiega l'assessore, c'è già: “investire sull'ambiente, rilanciare il manifatturiero e continuare a essere città di servizi, molti dei quali sono arrivati grazie alla mia attività in Consiglio Regionale”. E, a proposito di Ottana: “bisogna combattere per mantenere l'essenzialità della Centrale, e poi dobbiamo prendere una decisione sulla politica energetica, ma dobbiamo avere il tempo per farlo, non essere messi alle strette”.

“Il politico non ha la bacchetta magica: su di noi, spesso, ci sono attese forse eccessive, ma non si possono risolvere 'monarchicamente' i problemi di un ordinamento disordinato come quello sardo, non dipende solo da noi, ma non risparmieremo le forze per fare la nostra parte”.

Condividi su:

Seguici su Facebook