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Claudio Ranieri: “Ecco come diventai allenatore del Cagliari”

Il tecnico romano racconta la storia della sua chiamata per diventare il nuovo allenatore dei rossoblù

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dal quotidiano blogcagliaricalcio1920.net

Intervenuto al VII seminario di aggiornamento per giornalisti sportivi, svoltosi a Coverciano il 10 e l’11 marzo, il tecnico del Monaco Claudio Ranieri ha raccontato un interessante aneddoto: come è diventato allenatore del Cagliari.

“Ho lasciato il calcio molto presto e ho iniziato ad allenare, partendo dalle serie inferiori. Andai al Campania Puteolana, in Serie C, storia incredibile ma molto bella, molto formativa. Fui esonerato, poi fui richiamato. E ci fu proprio il Cagliari nella mia strada, in una partita che noi giocammo contro i rossoblù, squadra gloriosa che appena 17 anni prima aveva vinto lo scudetto con Gigi Riva. Ed era poi decaduta, dalla A alla B, poi dalla B alla C, e avrebbe dovuto fare fuochi e fiamme di quel campionato di Serie C. Ma non fu così.

Io ricordo che avevano appena seminato una parte del nostro campo, a Pozzuoli. Mi si avvicina l’assessore allo sport mentre il Cagliari faceva il riscaldamento, e mi dice:

“Claudio, stanno facendo riscaldamento dove noi abbiamo seminato l’erba. Stanno rovinando quel po’ di erba che sta crescendo. Li mandiamo via?”. Dico: “No, non li mandare via! Perché, guarda, stanno dormendo e non si accorgono. Questi si riscaldano sull’erba, poi nella terra battuta non riescono a giocare. Perdono la partita e non hanno capito dove hanno giocato”.

Vincemmo uno a zero. Io avevo una squadra di ragazzini, mentre il Cagliari era la “Juventus” del campionato di C. E quel fatto, quelle parole, mi portarono a Cagliari, perché quando il direttore sportivo Longo arrivò con il presidente, allora il Cagliari cercava un allenatore con un nome importante, che potesse portarla su. Ma quegli allenatori di “nome” in C non volevano scendere. E allora il presidente disse: “Un giovane, prendiamo un giovane”.

Tra l’altro, il Cagliari non navigava in acque tranquille dal punto di vista finanziario. La famiglia Orrù, infatti, era ormai in procinto di consegnare i documenti per dichiarare il fallimento della società sarda. Ma, all’improvviso, una sera, al direttore Longo risuonarono in mente le parole che avevo pronunciato la stagione precedente a Pozzuoli. Disse allora al presidente: “Si ricorda quella partita che perdemmo a Pozzuoli?”.

Il presidente Orrù era vicino quando dissi quelle parole all’assessore allo sport, e si ricordò anche lui di quello che avevo detto: “Non li mandar via da la, che questi stanno dormendo”. E decise di telefonarmi, proponendomi di diventare il nuovo allenatore rossoblù. Io non ebbi alcuna esitazione, e gli chiesi: “Quando ci vediamo per firmare il contratto? Per i soldi faccia lei, non sono un problema”.

Quelle parole da me pronunciate a Pozzuoli mi hanno portato a Cagliari. Mi chiese il presidente: “Ce la faremo ad essere almeno in B per l’anno dei Mondiali?”. Gli risposi: “Stia tranquillo”.

Vincemmo il campionato di C, salimmo in Serie B, arrivammo terzi in Serie B per cui salimmo in Serie A. Un mese dopo si sarebbero disputati i Mondiali. Scommessa vinta. E da lì Cagliari è stato proprio il mio trampolino di lancio. Alla fine del girone di andata avevamo nove punti. Ormai tutti scrivevano che il Cagliari era retrocesso. Io invece credevo fortemente che potessimo salvarci.

Ci salvammo con una giornata di anticipo. E andai via, al Napoli di Maradona, perché dissi: “A Cagliari sono viziato, tutto quello che faccio va bene!”.

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