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L'unione sarda. «Il 41 bis? Qui non è possibile»

L'emergenza: spazi troppo ristretti per chi sconta l'ergastolo

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L'eventuale arrivo di detenuti sottoposti al regime di 41 bis che scatena proteste a non finire in Sardegna, soprattutto con l'apertura di nuovi istituti, non interesserà Nuoro. Il presidente della commissione del Senato per la tutela dei diritti umani, Pietro Marcenaro, del Pd, e il parlamentare del Pdl Silvestro Ladu lo affermano dopo la visita di ieri nel carcere di Badu 'e Carros.
LE CELLE Una convinzione che assomiglia a una certezza, perché maturata sulla base del fatto che nella nuova ala dell'istituto - come spiega il senatore nuorese - non sono state realizzate celle singole, d'obbligo nel caso del 41 bis per impedire ogni contatto del detenuto. «Sono previste stanze per ospitare più detenuti», sottolinea Ladu. Per Nuoro si pongono invece altri problemi: dai locali angusti riservati a chi ha da passare tutta la vita in cella ai disagi per detenuti e famiglie d'oltre Tirreno, senza considerare le croniche carenze d'organico.
«Dal punto di vista della struttura Badu 'e Carros ha una situazione migliore di altri istituti italiani», premette il senatore Marcenaro, che sceglie Badu 'e Carros per iniziare il viaggio tra le carceri isolane. Per lui da queste parti tra le emergenze in materia di diritti umani c'è altro: «A parte due o tre casi, i detenuti condannati all'ergastolo stanno in celle con 4-5 persone anziché singole. Una situazione che può andare bene per chi deve trascorrere a Badu 'e Carros qualche mese o qualche settimana, ma non per chi ci sta tutta la vita».
I RECLUSI La commissione, accompagnata dal garante dei detenuti Gianfranco Oppo, incontra reclusi e agenti, scruta celle e sezioni, verifica anche la situazione di Antonio Iovine, il boss sottoposto al 41 bis. «Ci sono persone trasferite qui e costrette a interrompere gli studi iniziati altrove», denuncia Marcenaro. «Molti detenuti arrivano da Catania e Napoli. Per loro è difficile comunicare con le famiglie che vengono lese nei loro diritti», aggiunge.
SEZIONE FEMMINILE «Ci sono nove signore esasperate in un'unica cella. Hanno la sensazione di vivere una situazione di abbandono. La direttrice nega che sia così e può avere ragione, ma quando qualcuno protesta bisogna ascoltare», sottolinea il presidente della commissione del Senato. Ladu richiama la necessità di dare concretezza al principio della territorialità della pena, spesso evocato ma non sempre garantito.
TERRITORIALITÀ DELLA PENA «Non è pensabile che i detenuti vengano trasferiti lontano dai loro territori di residenza creando disagi e spese anche per mantenere i contatti con le famiglie. Questo vale per i sardi reclusi nella Penisola e per gli altri portati in Sardegna», sottolinea Ladu che punta l'indice su un altro problema: l'Alta sicurezza. «Non si capisce con quale logica vengono portati qua reclusi che altrove studiavano e ora non possono più farlo: il diritto del detenuto che ha avviato un percorso di studio va garantito».
L'ORGANICO I super turni del personale non mancano. Gli agenti penitenziari e i dipendenti amministrativi suppliscono alle carenze d'organico. Mancano circa sessanta operatori, meno che in altre realtà carcerarie. Ma il problema è comunque preoccupante ed è quasi asimmetrico a quello di molti agenti sardi che lavorano negli istituti della Penisola e vorrebbero tornare da queste parti. «Stiamo valutando alcune ipotesi perché gli agenti che lavorano fuori possano rientrare nella loro terra - sottolinea Ladu - riuscendo anche a completare gli organici». Possibilità legate non solo ai numeri di Badu 'e Carros ma alla realtà isolana con l'apertura di nuovi istituti.
Marilena Orunesu

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