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L'unione sarda. Berlusconi si fa da parte

Il leader rinuncia alla ricandidatura a Palazzo Chigi e annuncia: «Primarie aperte il 16 dicembre per scegliere il mio successore»

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ROMA «Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d'amore che mi spinsero a muovermi allora». Dopo 18 anni di guida incontrastata della sua creatura politica, Silvio Berlusconi si fa da parte e lascia il campo a chi avrà i numeri per prendere il suo posto. Il successore del Cavaliere sarà scelto con le primarie, il 16 dicembre. Per lui si riserva un ruolo di «padre nobile» magari esercitato da uno scranno del Senato.
LA NOTA «Non ripresenterò la mia candidatura a premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un po' di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività». Di un suo ritiro Berlusconi aveva già parlato qualche giorno fa, poi aveva corretto il tiro. Ma a questo punto il Rubicone è stato definitivamente attraversato. Nel lungo comunicato con cui annuncia il suo addio alla politica attiva, l'ormai ex leader del centrodestra fissa il percorso che porterà alla scelta del nuovo leader.
PRIMARIE «Con elezioni primarie aperte nel Popolo della Libertà sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni». Al nuovo leader e candidato premier, chiunque sia, Berlusconi indica la strada da percorrere: quella che va nella «direzione riformatrice e liberale» espressa martedì dal centrodestra berlusconiano, ieri dal «senatore e tecnico» Mario Monti: un uomo che è «espressione di un Paese che non ha mai preso parte alla caccia alle streghe», arrivato a Palazzo Chigi grazie alla «scelta responsabile» del Pdl e che per l'Italia ha fatto «molto», pur commettendo qualche errore. Una scelta impegnativa, come impegnativa è l'assenza nel comunicato di Berlusconi di critiche alla moneta unica alle quali a volte si è lasciato andare. «Il nostro futuro», spiega il Cavaliere, «è in una Unione più solida e interdipendente, in un libero mercato e in un libero commercio illuminato da regole comuni che vanno al di là dei confini nazionali».
L'EREDITÀ Berlusconi sottolinea che il patrimonio riformatore che lui lascia in eredità «non può essere disperso». E per questo chiama a raccolta i moderati, indicando come nemico da battere «una coalizione di sinistra che vuole tornare indietro», richiamando al potere «uno stuolo di professionisti di partito» per riportare in auge quelle politiche «che hanno prodotto la montagna del debito pubblico».
IL FUTURO Ora il Pdl dovrà mettersi al lavoro per cercare di riempire lo spazio che lascia Berlusconi con la sua «autorottamazione». La mossa dell'ex premier, nel suo partito, viene presa sul serio: nessuno crede che il Cavaliere possa a questo punto tornare indietro. Le reazioni sono tutte positive, da Formigoni a Cicchitto a Quagliariello, che vedono la possibilità di una rinascita del Pdl sull'onda della scossa provocata dal “ritiro”. Resta deluso chi sperava che il passo indietro di Berlusconi spianasse la strada a un'alleanza con Casini.

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