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L'unione sarda. Attentato al sindaco: dodici anni

OTTANA. Per Giampietro Argiolas, di Noragugume, una pena più alta di quella chiesta dal pm

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Preferisce confermare la linea di basso profilo che ha sempre tenuto fin da quando gli autori degli attentati messi a segno nel settembre 2010 nella sua abitazione e nell'ufficio comunale ai servizi sociali, vennero arrestati. E così, anche ieri il sindaco di Ottana Gian Paolo Marras non si è lasciato andare a commenti dopo la sentenza che ha condannato a 12 anni di reclusione l'allevatore 40enne di Noragugume Giampietro Argiolas, riconosciuto colpevole di aver esploso tre fucilate contro le finestre della casa del primo cittadino e di essere tra gli organizzatori dell'intero disegno criminale, che nel marzo scorso portò alle condanne degli ottanesi Maurizio Sedda, 42 anni, Yuri Sedda, 23, e Roberto Fenudi, 56. «È la dimostrazione - ha solamente dichiarato Marras - che non si trattava di accuse campate in aria».
LA SENTENZA Dopo tre ore di camera di consiglio, il collegio giudicante è arrivato alla convinzione circa la fondatezza della ricostruzione proposta dal pm Luca Forteleoni e che gli elementi probatori emersi durante il dibattimento fossero a sfavore di Argiolas. Unica discordanza, la quantificazione della pena finale, più severa rispetto alle richieste del pm che aveva sollecitato 10 anni. Si chiude così il cerchio (almeno in primo grado) su una vicenda che aveva destato sdegno e forte preoccupazione. Episodio reso ancor più grave dal fatto che una delle fucilate centrò la finestra della camera da letto dove Gian Paolo Marras dormiva insieme alla moglie e ai figlioletti di pochi anni. Alcuni calcinacci caddero anche nella culla del figlio che si trovava accanto al letto matrimoniale.
LA REQUISITORIA La ricostruzione del pm è partita dalla cronaca di quanto accaduto la notte tra il 23 e 24 settembre di due anni fa. E precisamente intorno a mezzanotte e trenta, quando gli agenti della Guardia di finanza, durante un normale servizio di controllo a Ottana, fermarono un'auto alla cui guida si trovava Yuri Sedda. Pochi secondi dopo, si sentì una potente deflagrazione: una bomba (che seguì di pochi minuti le fucilate contro la casa del sindaco) era esplosa di fronte al portone di un ufficio comunale. Dopo una quindicina di giorni, per lui scattò l'arresto e così anche per Maurizio Sedda (suo zio), Roberto Fenudi e Giampietro Argiolas.
L'INCHIESTA I loro nomi erano già noti ai carabinieri di Ottana che la mattina stessa del 23 settembre vennero messi in allarme dai colleghi di Oristano che durante l'ascolto di intercettazioni disposte su un altro procedimento, li informarono che i quattro stavano preparando un attentato al sindaco del paese. Ma perché colpire anche l'ufficio comunale? «Si trattava di un diversivo», ha sostenuto il pm. «La casa del sindaco Marras - ha spiegato - era considerata un obiettivo sensibile e per questo era tenuta sotto controllo dai carabinieri. Per gli attentatori era quindi necessario distogliere l'attenzione delle forze dell'ordine e avere campo libero». L'accusa ha provato il coinvolgimento di Argiolas soprattutto dall'analisi di intercettazioni telefoniche e ambientali (grazie a una microspia montata sull'auto di Maurizio Sedda), poi incrociate con i dati forniti dal gps che hanno consentito di ricostruire i movimenti dei quattro.
IL MOVENTE Secondo l'accusa, il mandante era Maurizio Sedda, Fenudi diede supporto logistico per l'organizzazione, a cui partecipò anche Argiolas, mentre Yuri Sedda fu l'esecutore materiale dell'attentato dinamitardo. Il movente, invece, è da ricercare nel pesante clima che in quel periodo si respirava a Ottana, con la perdita di decine di posti di lavoro e l'aspettativa di alcuni (per gli inquirenti, anche degli imputati) che l'amministrazione comunale ponesse rimedio.
LA DIFESA Ricca di spunti anche l'arringa dell'avvocato Luigi Esposito che in primo luogo ha evidenziato le discordanze tra le trascrizioni dl consulente della difesa Mariano Pitzianti e quello nominato dal Tribunale. Il legale ha poi concentrato l'attenzione sulla ricostruzione, definita priva di logica, proposta dall'accusa, sostendendo come, al contrario, proprio alcune intercettazioni deponessero a favore dell'imputato.
Francesco Cabras

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