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La nuova sardegna. Bersani mette pace nel Pd sardo «Ecco i miei impegni per l’isola»

Le liste non cambiano ma il segretario regionale Silvio Lai ha ottenuto da Roma l’atteso segnale: «Se ci sarà un deficit di eletti, lo risolverò». Quasi deserta l’assemblea di Tramatza, Parisi resta critico

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i Umberto Aime

CAGLIARI Ore 19.45, il dispaccio d’agenzia titola, annuncia e fa ben sperare: «La Sardegna sarà presente dove si decide». Firmato Pier Luigi Bersani. È stato proprio lui, il segretario in persona, a tirare fuori il Pd sardo dal tunnel in cui si è infilato otto giorni fa dopo la rivolta popolare per le liste paracadutate da Roma. A tarda serata, con una lettera appello, rivolta «alle democratiche e ai democratici» e «innanzitutto a quanti hanno partecipato con entusiasmo alle primarie», Bersani ha messo fine alla bagarre. L’ha fatto con una sterzata netta, con un punto e a capo che fa rivedere la luce a un partito non ancora lacerato, ma prossimo a una crisi di nervi a poche ore dalla presentazione delle candidature e ad appena trentotto giorni dalle elezioni politiche: «Ma ora – ha scritto – di fronte alla sfida che dobbiamo sostenere tutti i problemi devono essere superati». Ieri è stata la massima carica del partito a chiedere, invocare e pretendere la pace interna, l’armistizio in nome di «una battaglia vitale a cui chiedo a ciascuno di voi un apporto fondamentale per una svolta democratica nel Paese e in Sardegna». Certo, le due liste del Pd sono e rimarranno quelle che erano, su questo la segreteria è stata irremovibile, col socialista pugliese Lello Di Gioia sempre al quarto posto alla Camera e il sociologo sassarese-romano Luigi Manconi nella stessa posizione ma al Senato, però ora c’è un impegno formale del candidato premier del centrosinistra. Che ha giurato: «Se dopo le elezioni, rispetto alle attese, ci sarà un deficit di rappresentanza per la Sardegna, m’impegno sin da ora a risolverlo». E questo passaggio va letto così: se uno o più candidati sardi che hanno vinto le primarie (due nomi per tutti, Gavino Manca, nono alla Camera e Paolo Fadda, quinto al Senato; e dunque a rischio) non dovessero essere eletti, ci saranno le necessarie correzioni. Quali? Ad esempio, la nomina in ruoli di governo fra chi a febbraio conquisterà un seggio diretto, perché a quel punto gli sarà chiesto di rinunciare a favore dei primi dei non eletti delle due liste. E sarà questa la soluzione se a febbraio il Pd in Sardegna – come sostengono alcuni sondaggi – dovesse conquistare otto deputati e quattro senatori. Ma è ancora Bersani, nella lettera, a sollecitare il popolo delle primarie «alla conquista di una vittoria ancora più netta» e per questo ha lanciato l’appello: «Ci dovrà essere una nuova mobilitazione – ha scritto – e dovrà avere lo stesso entusiasmo dimostrato nei giorni delle primarie». C’è anche dell’altro nel comunicato del segretario nazionale: «Conosco – si legge – i problemi della Sardegna, dai giovani al lavoro, al sistema produttivo, alla continuità territoriale, ai temi ambientali. E so quanto sia importante che questi temi siano rappresentati a livello nazionale», per poi chiudere questo passaggio, con un riconoscimento pubblico al lavoro del segretario regionale Silvio Lai, a chi ogni giorno ha fatto pressing su Roma, per dar voce alle proteste degli iscritti, di consiglieri regionali, sindaci e quanti altri si sono rivoltati. Ecco le parole di Bersani: «Le questioni poste dal segretario del Pd sardo sono fondate», così com’è fondato e «va accelerato fino a essere concluso rapidamente il lavoro già avviato per un Pd sardo federato con quello nazionale». Anche questa è una testimonianza autorevole dell’autonomia e della specificità della Sardegna, ma Bersani, nel suo impegno, è andato persino oltre, con una frase che apre nuovi spiragli: «L’isola sarà presente nelle sedi istituzionali dove le vicende sarde si decidono, sia in Italia, sia in Europa, anche promuovendo le necessarie riforme legislative», che tradotto vuol dire: la riforma dei collegi elettorali per le Europee col distacco dalla Sicilia. La lettera si chiude con l’appello: «Dobbiamo vincere questa grande battaglia». In nome di quella unità che nel primo pomeriggio sembrava svanita dopo la scarsa partecipazione – 40 presenti su 160 e con in sala un solo esponente della segreteria, Cristina Cabras – all’assemblea di Tramatza convocata (con Lai ancora a Roma) dalla presidente regionale, Valentina Sanna e chiusa dopo solo 15 minuti con queste parole: «Abbiamo perso una grande occasione per confrontarci». Su cui poi ha chiosato il deputato uscente Arturo Parisi: «Che amarezza, siamo riusciti a ferire l’entusiamo della nostra gente». Ma tutto questo accadeva prima delle 19.45, perché dopo l’ora di Bersani, da Roma Silvio Lai ha dichiarato a caldo: «Sono soddisfatto per il grande segnale di attenzione avuto dal segretario non solo nei confronti del partito ma della Sardegna». Seguita da quelle del vicepresidente del Consiglio regionale Mario Bruno («La nostra presenza dovrà essere massima) e del deputato e candidato Paolo Fadda: «Ho sostenuto Bersani prima come segretario e poi come capo del governo. Figuriamoci se non mi fido degli impegni che ha preso». Anche Gavino Manca è pronto a una «grande campagna elettorale», ma si aspettava qualcosa di più, quel ritocco delle liste che non c’è stato: «Resto dispiaciuto e perplesso, ma ora abbiamo tutti un solo dovere: vincere le elezioni».

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