L'addio ieri, a Orune, sotto una pioggia lieve. Peppino Campana, big del banditismo sardo, uomo simbolo di un'epopea criminale da tempo estinta, si è spento nella sua casa dove era tornato negli ultimi anni dopo averne scontato oltre trenta in carcere per l'omicidio di un carabiniere che gli è valso la condanna all'ergastolo. Poi la domanda di grazia, riproposta più volte ma senza successo, e la semilibertà : di giorno al lavoro nelle campagne di Orune, di notte nel carcere di Badu 'e Carros. Quindi i problemi di salute, il ritorno a casa, dalla moglie e dalle cinque figlie che ieri mattina hanno seguito la bara fino alla chiesa di Santa Maria Maggiore. E poi l'hanno accompagnata in cimitero, nella tomba dove Campana riposerà accanto all'unico figlio maschio, morto bambino per un incidente.
LA STORIA Lui, classe 1935, finito nei guai nel 1965 per l'assassinio di un compaesano, Ignazio Chessa, avvenuto in pieno centro a Orune, da primula rossa del banditismo si vede piovere addosso una taglia di dieci milioni di lire dal ministero degli Interni. Il doppio dei cinque milioni per Graziano Mesina. Sono gli anni Sessanta, scanditi da sequestri di persona e omicidi. In scena banditi e Baschi blu. In quei tempi Campana è un uomo alla macchia. Fino al suo arresto il 2 giugno del 1971, dopo oltre sei anni da latitante.
LATITANZA Il 2 gennaio del 1965 Chessa viene ucciso in piazza. Per Campana arriva la condanna a trent'anni. Nel frattempo, viene accusato di un altro omicidio: quello del carabiniere Giuseppe Piu. Lui è già latitante. La mattina del 6 febbraio 1966, nelle campagne di Sa 'e Matta, a tre chilometri da Lollove, una pattuglia di carabinieri coordinata dall'allora capitano Francesco Delfino, il futuro generale, protagonista di indagini di grande rilevanza nazionale e anche di vicende controverse, accerchia l'ovile dove si trova Campana. Lui riesce a farla franca dopo aver sparato contro un militare. Giuseppe Piu, originario di Pozzomaggiore, muore, ucciso da una fucilata. Per Campana c'è l'ergastolo. La sua latitanza finisce nel 1971 nelle campagne vicine a Orune.
L'ARRESTO La trappola dei carabinieri scatta attorno a un altro ovile. Lui cerca di reagire, ma l'arma stavolta si inceppa. Resta ferito a una spalla e viene trasportato in elicottero a Nuoro. Inizia in quel momento la sua lunga vita oltre le sbarre. Non manca qualche parentesi: nel 1982 gli viene concesso un permesso di dieci giorni per fare da intermediario in un sequestro di persona. La storia viene fuori durante il processo in Corte d'Assise a Nuoro quando l'ex ostaggio, Peppino Puligheddu, racconta i contorni allora ignoti della sua prigionia. Campana è detenuto modello. Nel 2002 presenta la prima istanza di grazia che viene bocciata. Nel 2003 un altro tentativo ha la stessa sorte. Nel 2005 è il Consiglio di disciplina di Badu 'e Carros a sollecitare un atto di clemenza. Ma è inutile. Dal 2003 è in semilibertà : lascia la cella di buon mattino per lavorare all'esterno, spesso va in campagna. Di sera torna in carcere. È il ritmo abituale per molto tempo finché gli acciacchi lo consentono prima di regalargli sprazzi di vita normale e uno spicchio di libertà in più nella casa di Orune.
Marilena Orunesu
