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L'unione sarda. Tabacci e la sua “Italia concreta”: «Senza Monti, addio tredicesime»

Il candidato dell'Api propone una «patrimoniale dolce» sul sommerso

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Trovato l'anti-Renzi, è Bruno Tabacci. Non che il candidato dell'Api alle primarie del centrosinistra possa battere il Rottamatore (non è neppure il suo obiettivo, presumibilmente), ma forse nessuno più di lui è distante dalla politica-show del sindaco di Firenze.
Basta guardare il simbolo di questa «Italia concreta», il nome dato al suo programma per le primarie. Il tricolore diventa una serie di quadrati concentrici, come a dare l'idea di qualcosa di solido, affidabile: concreto, appunto. Forse anche un po' statico, è vero, ma all'assessore milanese non interessano gli effetti speciali.
LA PLATEA «Si può condividere o meno, ma credo che sia un contributo importante da ascoltare», dice Roberto Capelli, coordinatore regionale dell'Alleanza per l'Italia, introducendo a Cagliari l'ultimo comizio di Tabacci nell'Isola (dopo quelli di venerdì a Sassari e Ploaghe). E in effetti nel pubblico non ci sono solo gli attivisti del suo partito, dal presidente Marco Marraccini (il primo a credere nella creatura rutelliana, due anni fa) a Bruno Pilia, presidente della Provincia Ogliastra, fino all'ex consigliere regionale Udc Tore Piana.
Siedono in prima fila il vendoliano Luciano Uras - affiancato per un po' dal sindaco Massimo Zedda, anche lui di Sel - e il democratico Chicco Porcu, ormai dedito alla causa di Matteo Renzi. Più in là, col suo ex assessore Eliseo Secci, c'è Renato Soru, che il 25 novembre voterà Bersani. L'Udc, che pure sta fuori dal campo delle primarie, è presente col capogruppo in Consiglio regionale Giulio Steri.
L'EUROPA Tabacci, in realtà, delle primarie quasi si dimentica, nel suo discorso: come se avesse pudore a chiedere il voto. O forse sa che i presenti, al netto degli ospiti, sono già convinti. Più che altro, il suo ragionamento - a tratti simile a una lezione di macroeconomia - descrive scenari passati e futuri, ma sempre sullo sfondo europeo e mondiale.
«Occorre una ridistribuzione di ricchezza», argomenta: «L'Occidente ha voluto continuare a far crescere il suo benessere senza una crescita delle produzioni, e ha stampato moneta. E così il G8, che riuniva i Paesi più industrializzati del mondo, è diventato il vertice dei Paesi più indebitati. E si è dovuto trasformare in G20 per accogliere quelle nazioni verso cui eravamo indebitati». La globalizzazione non si può fermare, avverte Tabacci, «ma in un simile contesto può stare l'Europa tutta insieme, secondo le intuizioni di De Gasperi, Einaudi e Spinelli, non certo i singoli Stati».
L'ITALIA E L'ISOLA Un grande problema italiano è «un'economia sommersa pari al 30% del totale». Per farla emergere e al tempo stesso azzerare gli spread che pesano sul debito pubblico, la proposta è «una patrimoniale dolce: fotografare le consistenze patrimoniali dei cittadini e poi offrire loro la scelta tra pagare subito o sottoscrivere buoni del Tesoro decennali, con interessi pari a quelli tedeschi. Gli spread crollerebbero immediatamente».
Tabacci conferma comunque il suo sostegno a Mario Monti: «Quando è arrivato lui, non avevamo neppure i soldi per le tredicesime degli statali». Il che «non significa che l'agenda Monti non si possa integrare, però i temi restano: dal debito pubblico all'efficienza della pubblica amministrazione».
Infine una riflessione sulla Sardegna, che «deve rilanciarsi con una riconversione industriale e un turismo di qualità». Ma la sola economia turistica «non è sufficiente: potete puntare a un'industria moderna basata sulle nuove tecnologie. In quest'Isola ci sono qualità umane e lavorative da non disperdere».
Giuseppe Meloni

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