Bisticciano ma quasi per finta, sulla legge elettorale: il finale è forse già scritto, un addio senza rimpianti al listino regionale. In Consiglio, nella discussione generale sulle nuove regole del voto, il neo relatore Mariano Contu (Pdl) evidenzia il lavoro della commissione Autonomia. Ma il sardista Paolo Maninchedda, che la presiedeva, conferma le dimissioni nonostante i molti e trasversali inviti al ritiro: «Ormai è una legge monca. Oggi forse ci si rende conto dell'errore fatto stralciando il riequilibrio Giunta-Consiglio e il conflitto di interessi. È una legge per la casta».
CONTROCORRENTE Qualcuno che rimpiange quelle norme c'è, come Franco Cuccureddu (Mpa). E anche nei grandi gruppi che hanno votato lo stralcio: «Il conflitto d'interessi è un grande nodo irrisolto», sottolinea Gianvalerio Sanna (Pd), anche se i colleghi Pietro Cocco e Luigi Lotto difendono la scelta di giovedì (Chicco Porcu condivide solo l'accelerazione per far cadere Cappellacci). Invece Giuseppe Cuccu e Mario Bruno accusano la Giunta per il ritardo della Finanziaria.
Fa discutere soprattutto Mario Floris, che è l'assessore alle Riforme ma volutamente interviene dai banchi del Consiglio, per esprimere una posizione (parlamentarista e non presidenzialista, contro «il bipolarismo imperfetto che non ha ottenuto gli effetti sperati, e l'assenza di contrappesi tra i poteri», nonché a favore di una più ampia riforma statutaria e delle competenze di Giunta), che non è quella dell'esecutivo. Glielo ricorderà il capogruppo Pdl Pietro Pittalis: «Se lei parlasse come assessore si aprirebbe un caso politico, noi siamo per il rafforzamento del bipolarismo». E Giampaolo Diana (Pd) ironizza: «Basta cambiare banco per cancellare le divergenze in maggioranza?».
PARITÀ Floris non è l'unico parlamentarista: ci sono per esempio Nanni Campus e Roberto Capelli, di Sardegna è già domani. Il primo vorrebbe anche eliminare il voto disgiunto. Capelli invece teme che «questo Consiglio non farà passare la doppia preferenza di genere, e spero non col voto segreto». Pronostico simile anche per l'abolizione del listino. Gabriella Greco (Pdl) ricorda come funziona la doppia preferenza: «Non è un obbligo ma una facoltà . Si può indicare un solo nome, o due della stessa lista: purché di sesso diverso».
La parità uomo-donna sta a cuore anche a Luciano Uras (Sel). E pure la rappresentanza dei territori, nel cui nome si eliminerà il listino. Anche se Giulio Steri (Udc), dopo aver polemizzato con i Riformatori per «l'indegna gazzarra» del giorno prima, osserva: «In teoria il listino sarebbe uno strumento per far spazio a competenze specifiche. Purtroppo di queste nomine, specie col Porcellum, si è fatto un cattivo uso». (g. m.)