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L'unione sarda. Commesse in cassa integrazione

Il commercio in crisi si affida agli ammortizzatori sociali

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Ci sono i 17 dipendenti dell'azienda di Nuoro che vende frutta all'ingrosso; i sette commessi della catena di minimarket di Orosei e i sei impiegati della rivendita di apparecchi sanitari di Macomer. Piccoli numeri, se visti caso per caso (non mancano i piccoli negozi che chiedono l'ammortizzatore sociale per un solo addetto), ma il totale rende il dramma di un comparto in caduta libera. Sono 156, a Nuoro e provincia, i lavoratori del commercio finiti in cassa integrazione nel 2012. Cig in deroga, perché perlopiù si tratta di aziende sotto i 15 dipendenti. Dati che, in base alle richieste di proroga presentate in Regione, quest'anno saranno ancora più neri. «Un fenomeno sconosciuto fino al 2011», avverte Gianluca Deriu, direttore di Ascom-Confcommercio di Nuoro.
SERRANDE ABBASSATE Così, dopo l'industria, l'edilizia e l'artigianato (comparti dove nel 2011 si è sforato il tetto dei 3 milioni di ore di cassa integrazione), anche il settore del commercio, un tempo inespugnabile fortino dell'economia, travolto dalla crisi (e dal fisco e dalla burocrazia) finisce sotto l'ombrello degli ammortizzatori sociali. È la frontiera di chi tutto sommato prova a resistere, in un territorio (Nuoro e vecchia provincia) dove si contano 6.084 imprese, e dove nel 2012 sono state ben 345 quelle che hanno chiuso i battenti. «Fino a un paio d'anni fa - sottolinea Gianluca Deriu - a Nuoro la cassa integrazione era uno strumento del tutto sconosciuto alle imprese del commercio. Ora, erosi i risparmi che permettevano di fronteggiare la crisi, gli imprenditori cercano di tutelare in qualche modo i loro dipendenti».
LA DISPERAZIONE Lo scorso anno negli uffici Ascom di Nuoro sono passate le pratiche di 21 aziende che chiedevano gli ammortizzatori sociali, mentre già a gennaio altre quattro hanno presentato domanda. «Poi, purtroppo, ci sono anche i licenziamenti: tanti, sempre di più», racconta Deriu. Qui, nella sede dell'associazione, passano (per conoscenza) le lettere di fine rapporto che vengono recapitate alla Direzione provinciale del lavoro.
NIENTE FONDI «Il problema vero è che, considerate le domande in aumento, sarà ben difficile che i fondi disponibili bastino a far fronte a tutte le richieste. Anche per questo - conferma Gian Battista Piana, direttore della Confesercenti di Nuoro - molti imprenditori del commercio e del turismo stanno licenziando: hanno intuito che non possono assicurare la cassa integrazione ai dipendenti e allora chiudono il rapporto di lavoro, così almeno questi si vedono garantiti i soldi del tfr e l'assegno di disoccupazione». Ormai, sottolinea il direttore di Confesercenti «le aziende sono a un punto tale di disperazione che la cartella di Equitalia è davvero l'ultimo dei problemi».
LA CONCORRENZA A Nuoro chiudono le piccole attività del cuore urbano e vengono inaugurati nuovi centri commerciali in periferia. «Non entro nel merito delle scelte, ma è evidente che c'è un eccesso di grande distribuzione. Una situazione che - puntualizza Gian Battista Piana - ha mortificato il centro. Di questo non si può non tenere conto». Programmazione amministrativa. È questo, secondo Paolo Cau, segretario della Filcams-Cgil, ciò che è mancato. «Levando ossigeno ai piccoli negozi del centro, la grande distribuzione - avverte - ha inciso così anche sul tessuto sociale e culturale della città». È la storia del consumismo, taglia Mario Testoni, segretario della Fisascat-Cisl: «Grandi o piccoli, ormai la concorrenza si gioca sul volantino, sull'offerta speciale. Il piccolo negozio diventa perdente, a meno che non si specializzi».
I SETTORI Auto, casa, mobili. Questi i settori che hanno risentito maggiormente della crisi. «A Nuoro - avverte Testoni - per il commercio è finito l'effetto spugna, anche se c'è da dire che il comparto resiste, con estrema difficoltà, solo grazie alla presenza dei tanti dipendenti pubblici che però hanno paura di spendere». C'è chi resiste, nonostante tutto. «Conosco diversi commercianti che - racconta il segretario della Filcams Cgil - per poter pagare i dipendenti stanno vendendo il patrimonio personale».
Piera Serusi

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