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L'unione sarda. Non passa la sfiducia

In aula la maggioranza difende Cappellacci

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La sfiducia c'è, ma non per Ugo Cappellacci. È quella del Consiglio regionale verso se stesso, impegnato nel rito un po' stanco («una liturgia», dice Gian Valerio Sanna) della mozione per mandare a casa il governatore: bocciata, come previsto, con 43 no, 26 sì e un astenuto. È anche quella della maggioranza verso la maggioranza, e dell'opposizione verso l'opposizione: dietro il velo di compattezza emergono le crepe, il centrosinistra diviso sulle firme per la mozione, la maggioranza che perde il voto del sardista Maninchedda.
L'OPPOSIZIONE Il capogruppo Pd Giampaolo Diana, pur annunciando il sì alla mozione, presentata da tutto il centrosinistra tranne i democratici, non risparmia la frecciata al primo firmatario Luciano Uras (Sel): «Per il futuro, auspico più coordinamento tra alleati». Poi ai Riformatori, che chiedono di sciogliere il Consiglio per il mancato taglio delle Province, dice: «Scaricate sul Consiglio il fallimento di una maggioranza bulgara».
L'iniziativa dei Riformatori è all'origine della mozione, conferma Uras: «Dovrebbero invece chiedere conto al governatore delle leggi inapplicate, come quella sui Csl e Cesil». Stesso bersaglio per Claudia Zuncheddu (Sardigna libera): «C'è chi vuole godere dei benefici della maggioranza e del risalto mediatico dell'opposizione». Il capogruppo Idv Adriano Salis la dice così: «Recitano due parti in commedia».
Ciò che accomuna Diana e Uras è soprattutto l'anatema finale: «Chi vota oggi col centrodestra non pensi di passare nel centrosinistra per le Regionali». La cosa non riguarda i consiglieri di Sardegna è già domani, passati dalla maggioranza all'opposizione: come Nanni Campus («non mi dimetto perché lascerei il posto a un sostenitore di Cappellacci»), Roberto Capelli («in campagna elettorale, pezzi della maggioranza dicono nelle piazze che la Giunta non fa nulla»). E il capogruppo Mario Diana: «Votiamo sì alla mozione non per simpatia per la sinistra, ma perché è impossibile votare a favore di questa Giunta».
LA MAGGIORANZA La difesa di Cappellacci arriva dal Pdl: il capogruppo Pietro Pittalis assicura che il governatore «resta il leader della coalizione, e non per adesione fideistica ma per il suo ottimo lavoro». Domenico Gallus riepiloga: «Vertenza entrate, tutta la Sassari-Olbia appaltata, zona franca». Cose da spiegare meglio ai sardi, per Angelo Stochino. Resta in silenzio l'Udc, e alla fine il capogruppo Giulio Steri, votando no alla sfiducia, spiega perché: «Ci interessa parlare di cose serie, di come aiutare i disoccupati». Nel Psd'Az, il capogruppo Giacomo Sanna conferma il no alla sfiducia dopo che l'altro sardista Paolo Maninchedda aveva annunciato il sì «perché lavoro per una grande forza di autogoverno dei sardi, cose che nascono in contesti costituenti, non come questo Consiglio che non fa riforme».
«I Riformatori non sono l'opposizione nella maggioranza», ribatte agli attacchi il capogruppo Attilio Dedoni, «ma punta avanzata nella ricerca delle soluzioni, anche in maggioranza». No alla sfiducia, aggiunge Franco Meloni, ma «dopo le Politiche dovremo confrontarci per rilanciare alcuni settori su cui forse manca la spinta propulsiva del presidente e della Giunta: sanità, urbanistica, trasporti».
IL PRESIDENTE Cappellacci rivela un sms ricevuto durante il dibattito: «Parla di fiele, niente argomenti, demagogia , vi stupirebbe sapere chi lo invia. Il balletto di accuse reciproche nausea la gente». Poi ribadisce la vocazione autonomista «della coalizione di centrodestra e sardista. Su Eni, entrate, Tirrenia, abbiamo sempre cercato l'unità dei sardi. E ora dovremmo restare uniti su nuove battaglie come la zona franca e lo scippo delle riserve erariali».
Giuseppe Meloni

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