Una pattuglia delle Volanti li ha notati vicino all'ufficio postale di via Ichnusa e si è avvicinata. Non appena i due ragazzini hanno visto i poliziotti se la sono data a gambe. Acciuffati subito dopo, sono stati perquisiti: in tasca avevano una pistola scacciacani, passamontagna e guanti in lattice. Un corredo giusto per finire nei guai: i due, diciassettenni di Orune, denunciati per tentata rapina, sono stati segnalati alla Procura del Tribunale per i minori e subito riaffidati ai genitori.
L'INSEGUIMENTO A neanche 24 ore dalla rapina alla tabaccheria Maccioni di Corso Garibaldi e all'arresto di due minorenni (uno di Nuoro l'altro di Ottana) autori del blitz, ieri mattina in città altri due giovanissimi hanno tentato il colpo all'ufficio postale di via Ichnusa, nel rione Monte Gurtei. Mancava un quarto d'ora alle 13 quando la Volante della Questura ha notato i due appoggiati a un muretto, a una cinquantina di metri dalle Poste. I poliziotti hanno pensato di avvicinarsi ed è a quel punto che è cominciato l'inseguimento, con un agente alla guida dell'auto e l'altro, aiutato anche dalle indicazioni dei passanti, che rincorreva i due a piedi. La fuga è finita in via Olbia.
LA COLLABORAZIONE Vista l'escalation di rapine in città , il questore Pierluigi D'Angelo aveva potenziato il dispositivo di sicurezza con più pattuglie in centro e in periferia. «Ma gli ultimi episodi, con due arresti e due denunce, dimostrano che - sottolinea il questore - laddove c'è la collaborazione della cittadinanza funziona l'intero sistema della sicurezza». Infatti, sia ieri mattina che l'altro ieri, subito dopo il colpo alla tabaccheria Maccioni, sono stati diversi i passanti che visti i banditi in fuga davano indicazioni agli agenti che li inseguivano. «La sicurezza - puntualizza il questore di Nuoro - è un bene al quale ciascuno deve contribuire». In città , ormai, la paura cresce. Ma, a questo punto, non si può non riflettere su un fenomeno che coinvolge tanti, troppi minori.
«SONO FRAGILI» «Le reazioni della gente a notizie come queste le conosco - dice Fabrizio Mustaro, capo della Squadra mobile della Questura di Nuoro e responsabile dell'Osservatorio sul bullismo -. C'è chi chiede pene più severe, chi invoca l'abbassamento della soglia dell'imputabilità , chi parla di pura repressione. Sono sciocchezze. Io che me li trovo davanti, questi ragazzi, so quel che dico. Fanno i balenti, i delinquenti incalliti, e poi, presi singolarmente, vedi tutta la loro fragilità . La risposta da dare a un minore che delinque è principalmente educativa, pedagogica. Attenzione - avverte Mustaro - non sto buttando la croce sui genitori, anche se come minimo sono distratti. E anzi dico che oggi la famiglia da sola non può farcela di fronte al peso schiacciante della Rete e di una società improntata sulla diffusa mancanza di rispetto delle regole. È il gruppo che trascina i giovani». Lui parla di fragilità . «È proprio così. Questi giovani si perdono dentro il gruppo, annullando la propria identità alla ricerca esclusiva del soldo facile per comprarsi cose, dalle scarpe di marca al telefonino, fino alla cocaina. Quando ce li troviamo di fronte, in Questura, presi uno per uno vediamo quanto sono fragili, insicuri».
TUTTI RECIDIVI Balenteddos a termine. «È che i nostri giovani non riflettono sulle conseguenze delle proprie azioni. Il più delle volte non sono consapevoli che si finisce dentro un meccanismo giudiziario e penale». Quante volte è capitato di incontrare dei recidivi? «Quasi sempre. Anzi, posso dire di non aver mai visto un caso di redenzione: il ragazzo che arrestiamo per rapina, spesso lo abbiamo già denunciato perché ha sparato ai lampioni o ha rubato una macchina...». C'è un motivo? «L'ambiente, questa nostra società dove il rispetto delle regole di convivenza è molto labile. Un giovane dei nostri paesi che rientra a casa dopo un periodo trascorso in carcere riceve solo rinforzi negativi: c'è chi ha paura di lui e chi, invece, lo tiene in palmo di mano». Il destino dei perdenti. «Questo dimostra che la sanzione, magari il carcere, certo non basta. Per questi ragazzi serve un aiuto concreto che va ben al di là della punizione. È tutto il sistema che deve lavorare d'intesa: i servizi sociali, la famiglia, la scuola. Oggi, purtroppo, questo manca».
Piera Serusi