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L'unione sarda. Crocetta vince ma Grillo trionfa

Movimento 5 Stelle primo partito, astensione oltre il 50%

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ROMA In Sicilia prevale per un soffio Rosario Crocetta, crolla di 20 punti il Pdl, che sosteneva Nello Musumeci, e vincono due partiti: quello del non voto e quello di Grillo. Per Palazzo d'Orleans il candidato di Pd e Udc passa però con una percentuale intorno al 31% e quindi senza una maggioranza certa a Palazzo dei Normanni che gli consenta di fare subito il governo. Ma se la vittoria del candidato dell'alleanza-laboratorio tra democratici e centristi non è completa, è il quadro politico a uscire segnato dal boom grillino e dell'astensionismo.
LA PARTITA Come andrà a finire la partita Crocetta lo si vedrà nei prossimi giorni: un'alleanza con Miccichè, vero arbitro data l'indisponibilità di Grillo a intese, appare l'unica praticabile, ma l'interessato è pronto anche a tornare alle urne («Se qualcuno mi dovesse fermare allora si va al voto e sono convinto che questa volta sarò eletto con il 60%»). Si tratta in ogni caso, come dice Bersani, di «risultati storici». E lo è davvero se si pensa al cappotto 61 a 0 che subì il centrosinistra nel 2001, ma anche al tratto anti-mafia che rivendica il nuovo governatore.
PARTITI SCONFITTI I grandi sconfitti sono i partiti tradizionali. Non solo il Pdl, che ne subirà le più immediate conseguenze. Perché anche quelli che hanno vinto non sono usciti indenni (persino il Pd ha lasciato 5 punti sul campo) e perché tutti dovranno fare i conti con il forte segnale che arriva dall'astensionismo. Meno di un siciliano su due è andato a votare e Crocetta diventa governatore con il voto di circa il 15% dell'elettorato totale.
GRILLO TRIONFA Per il Movimento 5 Stelle è stata una vittoria limpida. Cancelleri ha beneficiato del voto disgiunto e il movimento è balzato dal 2-3% del 2008 al 18% attuale. Soprattutto ora è il primo partito dell'isola, in barba a vincitori (Pd) e vinti (Pdl). Quando Grillo parla di boom ha ragione da vendere. Il radicamento nazionale del M5S è tale che nessun sistema elettorale potrà sbarrargli la porta del Parlamento. Al massimo si potrebbe tentare di «contenerlo» con una riforma che però manifesta forti rischi di ingovernabilità. D'altro canto, l'attuale porcellum potrebbe portare, vista la forza in alcune zone dei grillini, a un'ingovernabilità del Senato, dove il premio è appunto regionale. E a quel punto si potrebbero aprire scenari greci, con tanto di possibile ricorso immediato alle urne. O con un ritorno della grande alleanza di cui ora beneficia Monti.
I RIFLESSI Il premier, peraltro, dai risultati siciliani non esce indebolito: a vincere sono partiti che mantengono saldo il loro impegno di sostenerlo; inoltre la fragilità del quadro politico generale sconsiglia colpi di testa. Il terzo polo, pur diviso in Sicilia tra Crocetta e Miccichè, può cantare vittoria. E Casini ha tutte le ragioni per invocare la validità del laboratorio siciliano: «È ineludibile il rapporto tra progressisti e moderati che mette al bando gli estremismi e i populismi ed è l'antidoto all'anti-politica». Perché Grillo, argomenta, può arrivare a un 25% nazionale e se si vuole contrastarlo servono alleanze. Il Pd, dice, eviti di ragionare per sommatorie perché Grillo ha «rubato» voti a Idv e Sel. Idv e Sel che con Fli, sotto il 5%, restano fuori dal Parlamento siciliano.
IL CENTRODESTRA Chi è sempre più nei guai è il Pdl. Nello Musumeci è uscito sconfitto dalla prova elettorale e il partito ha perso oltre 20 punti, quasi i due terzi dei voti. Alfano non è riuscito a portare dalla sua parte i moderati in campo nazionale («Se i toni sono quelli di Berlusconi - dice Casini - è ridicola ogni ipotesi di rapporto con il Pdl») e neanche nella sua Sicilia (dove il Cavaliere ha brillato per l'assenza). Il segretario però tiene duro: la colpa della sconfitta, dice, è «del centrodestra diviso».

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