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L'unione sarda. Doddore Meloni torna in libertà Inchiesta sui misteri del rapimento

L'indipendentista è stato avvistato da alcuni automobilisti sulla 131

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dal nostro inviato
Patrizia Mocci
TERRALBA Due giri di catena intorno al collo e qualche livido. Affamato e assetato. A tre giorni esatti dalla sua misteriosa scomparsa, l'indipendentista Doddore Meloni è tornato a casa. Ma il lavoro per gli inquirenti è tutt'altro che concluso, resta ancora aperto un giallo ancora tutto da decifrare. Tutto ciò nonostante le sue dichiarazioni alla polizia al suo rientro ieri, intorno alle 20: «Sono stato sequestrato». Meloni è stato avvistato sulla Carlo Felice, da dove è partito l'allarme: è stato poi un nipote a raggiungerlo in auto.
LA SCOMPARSA Doddore Meloni, 66 anni, leader del partito Meris in corsa per le prossime elezioni, era scomparso giovedì 14. L'allarme era scattato alle 19, quando il fratello Antonio aveva ritrovato nell'auto un volantino di rivendicazione del sequestro, firmato da un gruppo totalmente sconosciuto agli investigatori, “I Guardiani della Nazione”, che condizionava il rilascio al ritiro della lista dalla competizione elettorale. Per tre giorni solo silenzio e qualche insinuazione sulla possibilità che la scomparsa nascondesse una simulazione per accendere i riflettori dei media sulla propria lista.
IL BLUFF Ipotesi respinta con sdegno dai familiari e dai militanti di Meris: nessuno di loro ha mai avuto dubbi sul sequestro. «È un'azione - hanno ribadito a chiare lettere - che mirava a bloccare il progetto politico del nostro presidente, quello di dichiarare l'indipendenza della Sardegna». Ieri Meris annunciava la determinazione dei militanti a proseguire nella strada, senza cedere al ricatto.
LA SVOLTA È arrivata ieri dopo le 20. Meloni è tornato in libertà nella zona di Uras, poco distante da Terralba. È stato visto vagare lungo la Carlo Felice e alcuni automobilisti hanno lanciato l'allarme. Il primo ad attivarsi è stato il nipote, che si è subito messo in auto. Quando i familiari gli hanno aperto la porta, Doddore aveva ancora due giri di catena intorno al collo, sul quale aveva qualche livido. «Provato da una prigionia durissima - riferiscono i militanti - Lo tenevano legato a una sedia e lo picchiavano ripetutamente durante gli interrogatori. Non gli hanno dato da bere né da mangiare».
L'INTERROGATORIO Nonostante ciò, ieri l'indipendentista ha rifiuto il ricovero in ospedale. Subito dopo Doddore è stato ascoltato dal dirigente della Squadra Mobile di Oristano, Pino Scrivo, raggiunto dal capo della Mobile di Cagliari Leo Testa. Intorno alle 23 sono arrivati il procuratore della Repubblica, Andrea Padalino Morichini, e il sostituto Rossella Spano, titolare dell'inchiesta. A loro ha detto che i sequestratori erano tre, con passamontagna e pistola. E di aver cambiato spesso il luogo di prigionia, sempre incatenato e incappucciato. «Non mi hanno dato né da mangiare né da bere».

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